lunedì 14 novembre 2016

Genius

In una grigia New York degli anni '20, l'editor Max Perkins (magistralmente interpretato da C. Firth) è noto per aver scoperto e pubblicato i capolavori di autori quali Ernest Hemingway e Francis Scott Fitzgerald.
Senza speranza alcuna, dopo una serie di rifiuti da parte delle altre case editrici, si rivolgerà a lui Thomas Wolfe (J. Law), giovane eccentrico e pieno di voglia di vivere e di scrivere.
I due sono diversissimi, e basta il solo abbigliamento che indossano a farcelo notare: il primo, uomo elegante, di poche parole e dedito al lavoro, è sposato e padre di cinque figlie; il secondo, egocentrico e chiassoso, vive con una donna molto più grande di lui (N. Kidman), la prima che ha riposto fiducia nella sua arte.
I due però hanno una cosa in comune, benché la mostrino in modo assolutamente diverso. Per entrambi infatti il loro lavoro è decisamente più importante di quello delle donne con cui condividono la vita. 
Max Perkins scoraggia la moglie a riprendere l'attività di sceneggiatrice; Thomas trascura la sua compagna a tal punto da indurla a diventare ossessivamente gelosa nei confronti dell'editore con cui il compagno passa tutte le sue giornate.

Tra i due protagonisti nasce comunque una bella amicizia, fatta indiscutibilmente di alti e bassi, ma che porterà comunque lo scrittore in vetta alle classifiche.
Impossibile non citare la figura di Scott Fitgerald (G. Pearce), uomo profondo e sensibile, ormai in crisi creativa, saprà sempre dove trovare una mano pronta ad aiutarlo.

Alla fine del film ci si chiede chi sia il vero genio di cui il titolo parla: l'autore con la sua scintilla artistica, o l'editore in grado di scoprirlo e di limarne i testi fino a dar loro la forma definitiva?

Il film è sicuramente vicino allo stile di scrittura di Wolfe: una sceneggiatura "semantica" in cui non è tanto cosa si dice ma come.
John Logan, autore della sceneggiatura, è più teatrale che cinematografico. E di questa teatralità risente pure il personaggio di Wolfe, che è interpretato sovraccaricandone emozioni, parole e gesti durante tutta la pellicola.

La regia di Michael Grandage ci immerge in una New York in fermento ma è grazie alla fotografia di Ben Davis (che è forse la cosa più attraente dell'intero film) che sarà impossibile staccare gli occhi dallo schermo.
G.

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