mercoledì 20 gennaio 2016

Carol

"Carol"è tratto dal romanzo omonimo (conosciuto anche col titolo di "The price of salt") di Patricia Highsmith.
Il film  racconta la storia che lega Therese Belivet, commessa diciannovenne, a Carol Aird, donna matura e sicura di sé, e delle conseguenze della vicinanza tra queste due donne.

La prima, interpretata da Rooney Mara è una ragazza in procinto di sposarsi, ma altamente indecisa. Non sa neppure cosa ordinare a pranzo, figuriamoci se è pronta ad organizzare il suo futuro! Therese, acqua e sapone, è un'appassionata di fotografia, molto riservata e portata a titubare dei suoi gusti sessuali grazie all'incontro con Carol.
Quest'ultima,i cui panni sono vestiti da Cate Blanchett, è la mamma di una bambina alle prese con un divorzio dall'uomo che non ama e che prova comunque a riconquistarla.
Carol è molto più sicura di sé (lo si evince dai suoi movimenti, mai incerti; dal modo in cui gesticola;ma anche da elementi propriamente estetici, come trucco e abbigliamento). E' anche più consapevole dei suoi gusti sessuali, tanto da aver avuto una relazione con un'altra donna in passato.

Dopo un casuale incontro nel negozio in cui Therese lavora, le due si rivedono per un pranzo durante il quale la commessa avrebbe dovuto restituire a Carol i suoi guanti, lasciati sul bancone.
Le due prendono a frequentarsi con maggiore assiduità, e Therese risulta totalmente magnetizzata dalla presenza di Carol, come in un'attrazione incontrollabile. Le due, però, vivono entrambe dei momenti molto delicati della loro vita, e sarà complesso stabilire  un ventaglio di priorità all'interno del quale scegliersi.

A quanto pare la trama è tratta da un reale episodio accaduto all'autrice del romanzo, creatrice, tra l'altro del noto Tom Ripley, quando lei stessa faceva la commessa in un emporio.

Il film conta ben 6 nomination per i prossimi Oscar.
Sicuramente, tra queste nomination spicca quella per i costumi, molto evocativi dell'epoca in cui è ambientato il film (siamo nell'America colorata degli anni '50); ma anche per l'interpretazione delle due attrici, che tengono perfettamente la scena.
Si fa notare per la sua interpretazione anche Harge (Kyle Chandler), marito di Carol, nonostante il film possa definirsi "al femminile".
La sua presenza, benché non troppo frequente, è molto forte.
Molto bello l'aspetto estetico della regia, con giochi di luce e ambientazioni, sia d'interni che di esterni, davvero belle.
Lo stesso non posso dire della sceneggiatura, piuttosto piatta.
I dialoghi, come pure il doppiaggio, non sembrano rispecchiare la forza della protagonista, cozzando un po' con tutto quello che invece resta nella sfera della comunicazione non verbale.

Promosso, ma non a pieni voti, insomma!
G.

giovedì 14 gennaio 2016

Shadowhunters (la serie)

Novità del 2016, trasmessa dalla rete Freeform (ex ABC family) in Usa e quasi in contemporanea anche in Italia grazie a Netflix.


Riprende le vicende della saga letteraria omonima, una saga fantasy che parla di una ragazza, Clary Fray, che scopre di essere una shadowhunter  (mezzo umano mezzo angelo che protegge la terra dai demoni). Premetto che non ho letto i libri (cosa che sperò di fare al più presto) e ho solo visto l’adattamento cinematografico del 2013, quindi baserò questa recensione sulle mie conoscenze e soprattutto sul pilot della serie.

Dopo il fallimento del film del 2013, la produzione decise di optare per una serie tv, che non è, come per esempio nel caso di limitless, un sequel, ma è un remake televisivo con un cast tutto nuovo.
A differenza del film, a primo impatto, la serie sembra essere molto più coinvolgente e non troppo noiosa.

La scelta del cast è sicuramente un punto di forza nonostante comunque non tutti siano attori molto famosi come Lily Collins (protagonista del film precedente). La protagonista principale è infatti interpretata da Katherine McNamara, un’attrice molto giovane e molto brava che recentemente ha preso parte del cast del film The maze runner: la fuga. Nel cast c’è anche Harry Shum Jr che intrepreta lo stregone Magnus Bane e che molti ricorderanno come il Mike Chang di Glee.

Essendo di stampo fantasy non mancano gli effetti speciali che non sono super eccezionali ma rendono l’idea che sta succedendo un qualcosa di non convenzionale e già che non annoiano è sufficiente!

Insomma, dal primo episodio sembra una serie che vale la pena iniziare a seguire e che potrebbe avere sicuramente più successo del film…staremo a vedere!

F.


mercoledì 13 gennaio 2016

"Sherlock" L'abominevole sposa

Assolutamente da non perdere l’appuntamento al cinema per questo episodio speciale di Sherlock. Solo Steven Moffat poteva creare un episodio così favoloso da lasciarti completamente senza parole. 
Dopo tre anni di astinenza e di attesa direi che lo speciale è stato indubbiamente all'altezza delle aspettative e forse anche di più.



Ma andiamo con ordine...Innanzitutto aprire l’episodio con una specie di tour degli oggetti di scena presentato da Moffat e chiuderlo con impressioni e interviste al cast è stata una mossa ben architettata poiché ti porta a scoprire il lavoro che c’è dietro e tutti i dettagli che magari nella visione sfuggono e che ti fanno apprezzare ancora di più il risultato finale e le singole scene.

La trama è semplice ma non così tanto…stiamo pur sempre parlando dello Sherlock di Steven Moffat…Ambientato nell’epoca vittoriana, luogo originario delle vicende dello Sherlock Holmes di Sir Arthur Conan Doyle, il famoso investigatore cerca di risolvere il caso, come dal titolo, dell’abominevole sposa che sembra essere tornata in vita come “fantasma” per uccidere e vendicarsi di alcuni uomini della sua vita.

Non tutto però è come sembra…(da qui in poi ci saranno spoiler che forse è meglio non leggere se non si è visto ancora l’episodio)…infatti il grandissimo produttore, che suscita in noi fan di Sherlock e di Doctor Who (altra serie bbc prodotta da Moffat) una sorta di amore/odio, ha pensato bene di integrare tutta la vicenda ambientata nel 19°secolo con i giorni nostri e ricollegarla alla fine della terza stagione. Ricordate il “Did you miss me?” finale di Moriarty che sembra essere tornato in vita e la chiamata di Microft Holmes al fratello che fa virare l’aereo per ritornare a Londra?? Ecco, Sherlock autoinducendosi quasi un’overdose è immerso nel suo palazzo mentale ed è proprio lì che accade tutta la storia fin quando non si risveglia e inizia a pensare a come può un uomo morto tornare in vita…ovviamente questo ci porterà alla quarta stagione sperando di non dover attendere molto.


La sceneggiatura, i dialoghi, l’ambientazione vittoriana e il successivo passaggio al moderno sono perfetti…tutto è studiato nel dettaglio. Benedict Cumberbatch e Martin Freeman sono impeccabili come sempre…si potrebbe osare affermando che sono i migliori Sherlock e Watson della storia del cinema e della televisione.




Inoltre, sebbene vederlo in lingua originale può sicuramente avere un maggior coinvolgimento nel pubblico, il doppiaggio, che comunque è fortunatamente rimasto invariato non ci dispiace!

Per chi approfittasse di questi due giorni per godersi la visione di questo evento speciale al cinema, auguro una buona visione a tutti!

F. 

lunedì 11 gennaio 2016

Limitless (la serie)

Da gennaio viene trasmessa in chiaro sulla tv italiana la nuova serie tv Limitless, uscita negli Stati Uniti a settembre e di produzione della CBS.


Nasce come il sequel del film omonimo uscito nel 2011 che aveva come protagonista Bradley Cooper che è anche un personaggio ricorrente della serie.
Il protagonista è Brian Finch (Jake McDorman), un normale ragazzo che acquisisce grandi capacità cognitive a seguito dell’assunzione di una nuova droga chiamata NZT e che collabora con l’FBI ma allo stesso tempo è anche in contatto con il senatore Morra (Bradley Cooper) che gli somministra una specie di vaccino in grado di annullare gli effetti di astinenza da questa droga in cambio comunque di “favori”.

Il telefilm ripercorre la trama del film e gli dà continuazione. Il senatore Morra, nel film, era, come il Finch del pilot ed è interessate vedere come da un film può seguire una serie divisa in episodi.
La cosa che più affascina è che lo spettatore riesce ad essere partecipe della scena nel momento in cui il protagonista assume la droga e quindi a capirne gli effetti. Questo è determinato dall’uso della fotografia che utilizza colori più accesi quando Brian è sotto l’effetto della droga, come a dimostrare che lui all’improvviso ha coscienza di ciò che lo circonda e dell’aumento della sua capacità intellettiva, e colori più spenti quando invece torna ad essere un comune ragazzo.

Nonostante questo, viene ripresa comunque la classica dinamica di una serie poliziesca: c’è un caso difficile da risolvere che nel giro di un episodio si chiude e poi c’è la trama principale che, appunto, riguarda il legame tra Morra, Finch e l’FBI…ma ciò che la rende interessante è l’aspetto fantascientifico di questa pillola che ti porta praticamente a diventare un genio in grado di ricordare qualunque cosa e risolvere casi difficili!

In ogni caso niente di così innovativo e rivoluzionario ma vale la pena guardarla…sarà in onda tutte le domeniche su rai due alle 21:45.


F.

domenica 10 gennaio 2016

Premonitions

Nonostante si sia ritirato dall'attività da quando sua figlia è morta, John Clancy (A. Hopkins) resta uno psicanalista/sensitivo di grande fama, tanto che l'FBI è costretto ad avvalersi del suo aiuto per risolvere una serie di misteriosi omicidi da parte di un serial killer.
Clancy, dopo un iniziale titubare, si ritrova con un suo vecchio collaboratore,l'agente Merriweather (J.D Morgan) e la più giovane sua collega, l'agente Cowles (A. Cornish), poco incline a credere ai poteri del medico, ma costretta presto a ricredersi.

Col semplice tatto, Clancy è in grado di svelare segreti profondi delle persone che lo circondano, di conoscerne il passato e prevederne con precisione il futuro.
Ma ben presto si accorge che il serial killer imprendibile ha la sua stessa capacità: ed è anche più bravo di lui.
E' sempre qualche punto avanti rispetto alla polizia, non lascia traccia di sè.
Il suo modus operandi è del tutto particolare: uccide persone affette da qualche malattia, come una sorta di eutanasia.
Quale sarà il suo segreto? Perché Clarcy ci tiene così tanto a mettersi sui suoi passi?


Il film, thriller del 2015, nasce in realtà da una vecchia sceneggiatura di Ted Griffin, scritta per diventare il sequel del celebre "Se7en", e in effetti i richiami al film che ormai si appresta a compiere ventun'anni sono chiari, è impossibile non notarli.

Lo stato di curiosità, di desiderio di dare una risposta alle domande, la certezza di aver trovato tale risposta e la peripezia che ci costringe a ricominciare da capo sono la cornice di questo thriller, e rendono lo spettatore vero e proprio fruitore attivo.
Chi è da questa parte dello schermo diventa detective, a tratti certo della piega che la storia sta per prendere, a tratti in totale balia dei fatti e costretto a cancellare ogni parvenza di sicurezza costruita.

La regia, affidata ad Alfonso Poyart rende l'intero film molto piacevole alla vista.
Le inquadrature, e il montaggio sono perfetti in ogni sfaccettatura. Sia che si tratti dei flashback esterni, in cui Clarcy rivive il passato dei protagonisti del film; sia che si tratti delle scene più statiche, di dialogo, sia che si tratti dello scorrere degli eventi.
Anche le luci appagano notevolmente la vista.

In alcuni momenti, sembra quasi che i tempi si sovrappongano: grazie alla particolare capacità dei due protagonisti, passato, presente e futuro perdono i loro confini netti.
Questo non disturba comunque la visione, e anzi il film scorre facilmente.

Gli attori rendono la storia attendibile, nonostante questo elemento poco realistico delle visioni. Hopkins, protagonista assoluto, è credibile al solo sguardo.

Il finale non scontato è piuttosto plausibile.
E stavolta, no, non c'entra Kevin Spacey. Ma chissà che anche questo film non diventi a tal punto iconico da permettere a Caparezza di citarlo in un nuovo singolo!
G.

sabato 9 gennaio 2016

Men, Women & Children

Possibile che una cosa nata per facilitare la comunicazione, abbia l'effetto opposto?
I media, specialmente i social, nati per collegare le persone lontane su un piano spaziale e possibilmente temporale (basti pensare alle telefonate via skype con parenti o amici che non condividono il nostro stesso fuso), allontanano le persone che condividono la stessa stanza, o addirittura lo stesso letto.
Benché questo sia abbastanza chiaro (guardiamoci intorno sulla metro; in fila alla posta; sulla strada verso scuola: siamo davvero sempre connessi!), abbiamo il coraggio di ammetterlo?
Oggi esistono siti che ci consentono di abbattere ogni tipo di confine, di conoscere quello che è lontano e di interessarci di sempre più argomenti: come cambia questo le relazioni con le persone con cui condividiamo la quotidianità?

Men Women & Children prova a rispondere a queste domande, dimostrando come la comunicazione mediale, benché rappresenti un traguardo grandioso per l'umanità, metta anche in serio pericolo la vita di tutti i giorni.
Vengono analizzati i diversi rapporti con il mondo informatico di diverse "categorie" di personaggi: coppie sposate che piuttosto che parlare, quando sono insieme, giocano a scarabeo, collegati dai tablet, costretti dunque a cercare proprio su siti specializzati un partner; una madre che gestisce un sito in cui la figlia adolescente posa come modella di intimo; un'altra che tenta di controllare in maniera maniacale l'attività svolta dalla figlia sui social; un ragazzo di quindici anni che, navigando su siti porno da anni, è ormai abituato a tutto; una giovane che visita siti proana pur di rientrare nel canone di bellezza imposto dalla società; un campione sportivo che, piuttosto che concentrarsi sul football preferisce passare le giornate davanti allo schermo.
Fondamentali sono poi tematiche come la ricerca ossessiva del successo, e trame di gelosie e invidie che coinvolgono madri e figlie, ma anche compagne di classe. 


"Davvero ci stiamo riducendo a questo?" mi domando.
Certo, nel film (tratto dal romanzo omonimo del 2011 di Kultgen), forse la mano è un po' troppo calcata: i personaggi sono bene o male tutti collegati tra loro, e sarebbe da sciocchi pensare che tutto questo "torbido", più o meno grave, si concentri in così poco spazio.
Ma allargando lo sguardo, ipotizzando che non si concentri tutto nello stesso quartiere, mi chiedo se davvero ci siano o meno esagerazioni.
E accendendo la tv, sbirciando in rete, ascoltando l'attualità...temo proprio di no.


In Men, Women & Children, se posso trovare un difetto, è proprio questo della mancanza di misura e limiti: allontanando tra loro i vari protagonisti, o descrivendo un numero minore di storie, sarebbe certamente risultato più realistico.
Per il resto, la regia di Reitman punta molto sulla dipendenza da media: numerose sono le inquadrature in cui, accanto o sopra ai vari personaggi che fanno esperienze "reali" vediamo le schermate di pc o cellulari, e quindi veniamo anche a conoscenza delle esperienze "mediali".
La sceneggiatura è molto contenuta: sempre Reitman, questa volta con l'ausilio di Wilson, fanno in modo che i dialoghi siano ridotti all'osso: è più importante la comunicazione non verbale.
C'è una narrazione esterna però, che ci spiega il progredire delle vicende.

Gli attori (si affiancano a volti noti come quello di Adam Sandler e di Jennifer Garner, attori meno conosciuti, ma non per questo meno bravi) sono ben inseriti nella parte. E' evidente il senso di isolamento da ciò che li circonda, e la maggiore attenzione data invece a schermate e mezzi di comunicazione.

Molto belle anche le location, per quanto possano sembrare poco funzionali.

G.