lunedì 31 agosto 2015

Letture: "la custode di mia sorella"

Cosa succede quando a tredici anni vi rendete conto di essere stati messi al mondo esclusivamente per poter trarre in salvo, con le vostre donazioni, la vostra sorella malata di leucemia?

Ho letto con grande piacere questo romanzo di Jodi Picoult. Forse è surreale immaginare realmente una storia simile, ma se un domani doveste sentirne parlare, voi sapete a chi dare ragione?
Anna ha tredici anni. E' la donatrice perfetta per Kate, sua sorella sedicenne.
E questo non è un caso, visto che i genitori hanno fatto in modo che la bambina nascesse con dei geni perfettamente compatibili con quelli di Kate.
All'ennesima richiesta, questa volta di un rene, Anna decide sia giunto il momento di ribellarsi. Si rivolge all'avvocato Alexander e al suo fedele cane ed intenta una causa nei confronti della famiglia.
Il libro ripercorre la settimana del processo, ma è intervallato dai flashback dei vari personaggi.
Ognuno ripercorre la sua storia, comprende la responsabilità delle proprie decisioni,è spesso vittima e carnefice delle sue stesse scelte.
La scrittura è davvero scorrevole e piacevole, nonostante l'argomento pungente.
Non si pensi che a farla da protagonista sia comunque la malattia, visto che la fanno da padroni anche l'ironia e il gusto nella descrizione del quotidiano. Presente anche l'elemento più roseo, l'amore, anche se, ovviamente, questo pure non scorre sempre come ci si aspetta.
I personaggi, non troppo numerosi, sono ben identificati: mentre si legge sembra quasi di conoscerli, di averli davanti a sé e di capire i loro pensieri e percorsi che li hanno portati a determinati modi di agire.
Il finale poi lascia senza parole.
Un libro che consiglio assolutamente, divorato in meno di una settimana.
So poi che dal romanzo è tratto un film omonimo, che spero di recuperare quanto prima possibile.
A voi, invece, auguro buona lettura!
G.

giovedì 20 agosto 2015

Non buttiamoci giù




Tratto dal romanzo omonimo di N. Hornby, Non buttiamoci giù viene presentato come commedia, probabilmente facendo riferimento al classico significato del termine secondo cui "commedia=finale allegro".
Ma a me è sembrato molto di più di questo.
Il film è davvero piacevole è dalla sua ha molti punti di forza:














-Interpretazione: Gli attori scelti sono perfetti per i loro ruoli. Recitano esattamente come ti aspetteresti che si muovessero i personaggi che vengono presentati nei primi minuti del film;
-Sceneggiatura: Il soggetto, come già detto, è desunto da un romanzo, che io non ho letto. Quindi non so bene dire se i dialoghi sono realmente un adattamento del libro o meno. In ogni caso, sono perfetti così;
-Regia: Le scelte del regista sono importanti, e P. Chaumeil qui merita davvero i complimenti per le sue;
-Musica: La musica ci accompagna nel percorso dei quattro protagonisti. E' molto importante per loro, e per noi.
 La colonna sonora del film aggiunge un tocco di malinconia all'intera pellicola, ed ho apprezzato molto le canzoni scelte e i momenti per farle "uscire fuori";
-Fotografia: In questo film le scelte della fotografia sono importanti al pari della regia: Molto. La luce, dall'inizio alla fine del film, ha un'importanza straordinaria, ed è simbolicamente specchio dell'anima dei personaggi;
-Scenografia: Benchè copra uno dei posti più bassi di questa classifica, forse la scenografia è tra le cose maggiormente evocative in tutto il film. I luoghi in cui si muovono i protagonisti, le loro case, il loro quartiere, sono un'aggiunta alla loro caratterizzazione;
-Costumi: Sono i veri soggetti del film, poichè incarnano perfettamente i quattro personaggi. Quasi basta vedere come sono vestiti per conoscerli. Se è vero che un libro non si giudica dalla copertina, è altrettanto vero che aprendo gli armadi di Maureen, JJ, Jess e Martin potremmo descriverne il carattere avendoli visti una volta sola.
Un film che consiglio assolutamente, una volta passati sopra i suoi piccoli difetti, che nell'ordine sono:
-L'antefatto poco credibile, la cosa meno importante, visto che ovviamente si tratta di un film, però da sottolineare.
Insomma, non capita proprio tutti i giorni che quattro aspiranti suicidi si incontrino e cambino tutti idea.
-Il doppiaggio di Jess: L'ho trovato irritante in alcuni suoi punti. Non in linea col personaggio, quasi volendo sovrastare la recitazione e realizzare l'indisponenza della ragazza esclusivamente con la voce, pur non essendocene bisogno.
-I primi dieci minuti: Quelli vanno superati. Perché io inizialmente ero tentata di cambiare canale: i dialoghi mi sembravano assurdi,il film era esageratamente privo di luce e già mi aspettavo un finale deludente.
Fortunatamente ho resistito e lasciato il telecomando sul bracciolo!
G.

mercoledì 12 agosto 2015

Focus on.. STEFANO BENNI!

In occasione del suo compleanno, parliamo di uno degli autori italiani più amati dalla sottoscritta: Stefano Benni!


Stefano nasce a Bologna e grazie all'infanzia trascorsa nelle campagne monzunesi viene soprannominato "Lupo".
Benni è soprattutto noto per le sue raccolte di racconti brevi.
In realtà sono molteplici i suoi interessi: oltre che romanziere, fu autore - all'inizio della sua carriera comica- di Beppe Grillo; ha collaborato con diverse testate giornalistiche, si è dedicato a regia e sceneggiatura.
Stefano Benni è molto amico dello scrittore francese Daniel Pennac.
E' proprio merito del bolognese se la Feltrinelli cominciò a pubblicare i lavori tradotti di Pennac, il quale, a proposito, scrisse un' opera proprio dedicata a Benni (Grazie!).


Tra i romanzi più noti possiamo citare sicuramente
-Saltatempo ambientato negli anni '50,  descrive le vicende di Lupetto, il figlio del falegname di paese che grazie ad un oggetto misterioso riesce a vedere il futuro. Nel testo, oltre a personaggi umani, sono presenti anche divinità-positive e negative- che interagiscono coi protagonisti.
-Achille piè veloce in cui viene celebrato l'eroe che si muove nella vita di tutti i giorni, che nonostante le avversità non perde mai il sorriso e la voglia di andare avanti.
 Protagonista è Ulisse, alter ego dell'autore (che scrisse proprio di rivedersi in questo personaggio,così vivo e vitale), è uno scrittore di sinistra costretto a combattere contro la concorrenza di una grande casa editrice di cui è proprietario un certo Duce, che possiede anche reti televisive e una squadra di calcio.
La vita di Ulisse è destinata a cambiare grazie all'incontro con Achille, giovane paralitico che trova piacere solo nella lettura. Tra i due nascerà un grande rapporto di amicizia.
- Margherita Dolcevita che narra le storie della dolce Margherita, ragazzina con qualche chilo di troppo e un problemino cardiaco.
Nel romanzo Margherita dovrà confrontarsi con le novità della famiglia dei signori Del Bene, metafora del consumismo e dell'agio.

Per quanto invece riguarda le raccolte di racconti, impossibile non ricordare Bar Sport, il bar sotto il mare ed il più recente Bar sport Duemila.
Incredibile come i racconti, fantastici e fantasiosi narrati in testi degli anni Settanta e Ottanta siano ancora oggi attualissimi.
Da Bar Sport è stato inoltre tratto un film.

Benni si è occupato anche di raccolte di poesie e ha collaborato alla realizzazione di Baldanderas, audiolibro in cui alla lettura di suoi racconti si accompagna una musica eseguita dal vivo.
G.

martedì 11 agosto 2015

La risposta è nelle stelle

Sarei contenta di poter dare due voti a questo film: Uno per la storia di Ruth e Ira, e mi sbilancerei con un bel 6 e mezzo; ed uno per le pietose avventure di Luke e Sophia. E fioccherebbe un bel 3.
Ma andiamo per ordine.
Cosa mi è piaciuto di questo film? I costumi di Ruth, Oona Chaplin, in primis.
In secundis, come dicevo, la storia di Ruth e Ira, che nella vita hanno davvero dovuto soffrire e affrontare prove difficili per stare insieme. Il fatto che mi sia piaciuta la trama non significa certo che mi sia piaciuto come questa sia stata sviluppata.
I ricordi dell'anziano Ira, che riaffiorano tramite le sue lettere, sono confusi, poco approfonditi e superficiali.
Oona Chaplin, Jack Huston


Oona Chaplin, Jack Huston
Ma la parte peggiore deve ancora venire.
Perché oltre che una bella storia narrata male, c'è anche una brutta storia, scritta pure peggio.
Ed è quella di Luke, appassionato di rodei e Sophia, una secchiona amante dell'arte che non appena si innamora non apre più i libri.
Vabbè, la solita storia. E infatti. Si lasciano, si riprendono, sono troppo diversi per stare insieme e troppo innamorati per perdersi.
Alla fine, vissero felici e contenti. Ovviamente.

Britt Robertson, Scott Eastwood
Ma anche qui, come nella storia "parallela" di Ruth e Ira, le vicende vengono appena accennate. Non c'è il minimo approfondimento dei personaggi, dei loro pensieri, delle motivazioni che li spingano a comportarsi in un certo modo piuttosto che in un altro. E' tutto abbozzato e lasciato lì.
E' come se il regista avesse voluto concentrare due film nel tempo di uno, pastrocchiando così gli eventi e non facendoci realmente apprezzare nessuna delle due trame.
Niente da aggiungere, se non dialoghi scritti coi piedi (" Che nome daresti a questo smalto?" "Niente!" "Ah, tu non porti lo smalto!" il tutto detto mentre le guarda la mano); incongruenze (I due non fanno in tempo a presentarsi che Luke già ha numero di telefono e indirizzo della ragazza, senza che nessuno glielo abbia dato, Sophia ha un'amica che di punto in bianco scompare non lasciando traccia nella trama); luoghi comuni (solo ed esclusivamente ragazze bionde innamorate dei cowboy, che sanno dire "fiiiiigoooo!" e poco altro) e finale stucchevole e poco convincente.
Ultima chicca: Pare che Scott Eastwood, che qui veste i panni del torero Luke, abbia dichiarato di aver rifiutato la parte di Mr. Grey in cinquanta sfumature di grigio perchè non sentiva il personaggio nelle sue corde.
Se qualcuno fosse in contatto con lui lo informi che in quanto a "scadenza" della trama e banalità questo film è di gran lunga poco superiore dell'altro!
G.

mercoledì 5 agosto 2015

The Imitation Game

The Imitation Game, diretto da Morten Tyldum, è la storia vera di Alan Turing, il matematico inglese che riuscì a decrittare la Macchina Enigma, utilizzata dai nazisti per crittare messaggi e considerata inattaccabile. È ispirato alla biografia Alan Turing. Una biografia (Alan Turing: The Enigma) di Andrew Hodges del 1983, pubblicata anche dopo l'uscita del film con il titolo Alan Turing. Storia di un enigma.



Il film si apre con l’interrogatorio subìto da Alan Turing (Benedict Cumberbatch) nel 1951 e da lì lui comincia a raccontare la sua storia concentrandosi principalmente sul periodo che trascorse a Bletchley Park, il luogo in cui attraverso un’operazione segreta, si cercava di risolvere Enigma. È caratterizzato da flashback che ci fanno conoscere Christopher, amico e primo amore di Alan, che ha avuto un ruolo fondamentale nella sua vita, infatti lo introduce nel mondo della crittografia e lui porterà avanti questa passione, dopo la morte dell’amico in giovane età, entrando a far parte del gruppo di Bletchley Park di cui faceva parte anche una donna, Joan Clarke (Keira Knightley) che diventerà molto amica di Alan. Si chiude con una serie di didascalie storiche che raccontano gli anni seguenti alla guerra; ciò che era stato fatto a Bletchley Park, che fu determinante per la vittoria anglosassone grazie alla macchina di Turing “Christopher” , rimase segreto (per oltre 50 anni) e Alan, nel 1951, fu condannato per essere omosessuale e costretto alla castrazione chimica. Nel 1954 si suicidò.

Tutto nel film ti riporta agli anni ’40 per esempio i vestiti dei personaggi e i vari oggetti di scena sono tipici del periodo e la storia del protagonista rispecchia quasi completamente quella reale.




ALCUNE DIFFERENZE STORICHE:

-A Bletchley Park non si fingeva di lavorare per una fabbrica di radio, semplicemente il lavoro all’interno era segreto.

-La macchina di Turing non si chiamava Christopher ma Bomba o Victory e fu costruita da tutto il gruppo.

-Joan Clarke non venne reclutata tramite un cruciverba pubblicato su un giornale ma dal suo professore Gordon Welchman, uno dei primi matematici di Bletchley Park.

-Le decisioni su come usare la Bomba non venivano prese dai matematici che lavoravano su Enigma.

-Alan Turing non era una persona con problemi relazionali e non fu mai accusato di essere una spia sovietica


CURIOSITA’:

-Il titolo del film prende il nome dal test di Turing usato per  vedere se una macchina può pensare che lui descrive in un articolo traendo spunto da un gioco, chiamato appunto Gioco dell’Imitazione (The Imitation Game)

-Benedict Cumberbatch e Alan Turing sono cugini di 17° grado perché entrambi discendono da John Beaufort.

F.

domenica 2 agosto 2015

Mortdecai

Ho tanto aspettato questo film, perché, sostanzialmente, aspettavo un Nuovo Johnny, finalmente spogliato dei panni di Jack Sparrow.
Le mie aspettative non sono state del tutto deluse, nel senso che in effetti Depp non si muove più come il pirata per il quale è ricordato da tutti (sigh!), ma il film non mi ha fatta impazzire.
Ci sono certamente degli aspetti positivi:
-I look e i costumi: Perfetta è l'ambientazione, e ho davvero apprezzato i look dei vari personaggi, che secondo me sono rappresentativi.
-La scelta degli attori: Ogni attore è perfettamente calato nel suo ruolo, e con un cast così sarebbe stato difficile sbagliare. Sono onesta, e dico che con molta probabilità un film del genere, recitato da altri, non mi avrebbe vista seduta tra le poltrone del cinema. Ogni ruolo viene qui abilmente coperto: Gwyneth Paltrow è praticamente l'unica donna sulla scena, in grado di ammaliare chiunque le stia intorno con un solo sguardo; Paul Bettany è per me una piacevole scoperta, nient' altro da dire se non perfetto nei panni del fedele "schiavetto" del protagonista. Soprattutto considerando che lo ricordavo molto più inquietante ne "Il codice Da Vinci"!
E poi ci sono Johnny Depp ed Ewan Mc. Gregor, di cui, oltre la recitazione (su cui, onestamente non nutrivo alcun dubbio), ho amato l'eterna competizione, il tono secco con cui si rivolgevano la parola, gli "scherzi" e le prese in giro.
Per finire, una cosa che non passa inosservata è l'efficacia delle espressioni facciali, ma anche della gestualità in generale dei vari personaggi, primo fra tutti certamente Depp.
Per tutte queste motivazioni il film è stato piacevole...

Però ci sono anche dei contro:
-Lunghezza eccessiva delle gag: Perché far durare un inseguimento in macchina più del necessario? Perché aggiungere flashback inutili?
-Banalità della comicità: Le battute sulla vagina, sul pene e le allusioni sessuali non fanno ridere nemmeno nei film di De Sica, in cui sono previste... figuriamoci qui! Ho trovato un po' esagerate tutte quelle allusioni sessuali, se non altro perché, come nel punto precedente, non hanno fatto che allungare il brodo. Inutilmente.
-Mistero che non prende: Benché il film si presenti nella sua comicità, la storia vorrebbe essere legata ad un omicidio misterioso. Ebbene, il giallo non tiene assolutamente lo spettatore in uno stato di attesa, non gli fa fare supposizioni sulle cause che stanno dietro gli eventi, non gli fa fare ipotesi.
Insomma, una sufficienza, per un film che fa passare un paio di ore, ma che non rientra certo nelle pellicole che vanno viste almeno una volta nella vita!

G.

sabato 1 agosto 2015

Whiplash

Il film uscito nelle sale a febbraio del 2014, diretto da Damien Chazelle,  è vincitore di 3 premi Oscar: miglior attore non protagonista a JK Simmons, miglior montaggio e miglior sonoro.



È la storia di Andrew Neiman (Miles Teller), un ventenne che sogna di diventare uno dei più grandi batteristi del suo tempo. Il suo obiettivo principale è quello di entrare in una delle migliori orchestre del conservatorio Shaffer di Manhattan, dove lui si allena tutti i giorni e che è diretta da Terence Fletcher (JK Simmons), il più bravo e carismatico tra gli insegnanti ma anche il più folle e crudele, di cui se ne ha una dimostrazione non solo dai dialoghi duri dell’insegnante ma anche dall’atteggiamento, dai suoi gesti.  Andrew entrerà in questa orchestra all’inizio come batterista di riserva e ben presto diventerà primo batterista, anche se Fletcher continuerà ad ostacolare la sua strada. Il ragazzo non si arrende e continua ad allenarsi fino a farsi sanguinare le mani senza pensare a nient’altro che al suo sogno, allontanando da se anche Nicole (Melissa Benoist), una ragazza conosciuta al cinema con la quale desiderava iniziare una storia.


Gran parte del film si svolge in un’aula in cui si suona e dove l’atmosfera non è delle più tranquille, la musica non è la protagonista assoluta in quanto ci si concentra di più sul rapporto spesso conflittuale tra allievo e maestro, i colori e la scenografia sono adatti a rendere i momenti drammatici e a volte anche un po’ esagerati. L’attore protagonista, Miles Teller, è uno di quegli attori che potrebbe interpretare chiunque e nei panni di Andrew Neiman è riuscito a dimostrare la fatica, la passione e il costante impegno;  consiglio di vedere il film in lingua originale perché guardarlo recitare è una cosa magnifica, ti tiene incollato allo schermo e riesce a farti entrare in empatia con il personaggio.


Il messaggio che ne viene fuori è quello di continuare a sognare, di non arrendersi anche di fronte agli ostacoli più grandi che in questo caso sono magnificamente interpretati JK Simmons (non per altro per questo film ha vinto molti premi tra cui, appunto, l’oscar), ci sarà sempre quella persona che ci rende la vita impossibile, che non vuole che noi raggiungiamo i nostri scopi, ma quello che è più importante e che dobbiamo continuare a provare. Alla fine del film non è che ci sia proprio l’happy ending, cioè lui diventa qualcuno, è famoso e ha finalmente ottenuto ciò che desiderava; ma si ha una sensazione di sollievo e speranza in contrasto con tutti i momenti drammatici delle due ore di film precedenti.




F.