lunedì 30 novembre 2015

Letture: pochi inutili nascondigli

Dato alle stampe nel 2008, "Pochi inutili nascondigli" è una raccolta di racconti di Giorgio Faletti.
Passando per le tinte noir, per il racconto fantastico, per il gotico, Faletti è abile nel cogliere le ispirazioni del passato e farle sue.
Tanto per citarne uno, è evidente la rilettura di Edgar Allan Poe, specialmente nel primo dei sette racconti,in cui è forte l'opposizione vita-morte; natura-arte.

Meravigliose le tinte fosche che l'autore ritrae,in alcuni episodi più che in altri, ricreando così un'atmosfera a metà tra il fantastico e il vero.

Il modo di scrivere di Faletti è iconico, prende a tal punto da lasciare a metà tra il desiderio di continuare la lettura e la paura di finire troppo presto il libro.
Evocativo, Faletti lascia il lettore esattamente nella stessa incertezza in cui si trovano i personaggi di fronte a episodi surreali. 

Anche se non siete amante del genere, e alle storie fantastiche preferite i gialli più classici, la penna dello scrittore vi guiderà in ambienti realistici contornati da elementi fantasiosi con stupore e piacere.

Una lettura assolutamente consigliata, soprattutto grazie alla diversità tra i vari racconti, che consentono di non annoiarsi mai e di divorare il libro senza neppure accorgersene.
G.

domenica 29 novembre 2015

Laws of attraction-matrimonio in appello

Audrey Woods (J.Moore) è un'affascinante avvocato divorzista newyorkese, che non ha mai perso una causa.
E' impegnatissima nel lavoro, ama la razionalità. si occupa della legge ed è single.
Rappresentando una sua cliente incontra il famoso Daniel Rafferty (P. Brosnan), affascinante avvocato divorzista pure lui, e pure lui con nessun fallimento alle spalle.
Ma a differenza di Audrey, Daniel preferisce il divertimento alla ragione, il disordine all'ordine, non è puntuale e sembra il classico dongiovanni che ottiene tutto quello che vuole con un semplice sguardo.

Se è vero il detto che gli opposti si attraggono, basta una sola serata (che da incontro di lavoro, si trasforma ben presto in sbronza e nottata insieme), per far sì che Audrey e Daniel da semplici colleghi diventino qualcosa di più.

Dopo un'udienza difficile, i brillanti avvocati dovranno pure affrontare un viaggio assieme per raccogliere prove in favore dei rispettivi clienti che rappresentano.
Ma l'attrazione torna a bussare alla porta, l'alcool rende tutto più confuso, e dopo una seconda notte insieme, i due si svegliano con le fedi al dito.

Saranno costretti a portare avanti un matrimonio di facciata? Sveleranno l'errore commesso? Finiranno con l'innamorarsi?

Molto divertente la rappresentazione dei personaggi, tipizzati come una buona commedia degli anni duemila (il film esce nelle sale nel 2004) vuole: Audrey è la classica donna in carriera, rigida con tutti e tutto e dedita solo al lavoro; apparentemente sicura di sé; Daniel è forte della sua bellezza, del suo successo e sembra sempre perfetto tanto da conciliare al lavoro di avvocato anche quello dello scrittore.

Simpatica anche la figura della mamma di Audrey, diversissima da lei, attenta alla forma fisica e all'alimentazione (oltre che poco propensa a farsi chiamare "mamma" in pubblico), e quella del giudice Abramovitz, che sarà presente in tutta la pellicola.

I dialoghi sono prevedibili (come tutta la trama, per essere onesti), fatti di giochi di parole e di doppisensi, mai troppo volgari.
Il film risulta, nel suo genere, piacevole. La classica commedia romantica, fatta di diversità ed equivoci.

Rappresentativi anche i costumi (che, insieme al trucco, si guadagnano una nomination per gli Irish film and television awards). Audrey, così elegante e professionale in aula, si tuffa nella tuta e sul divano appena può; e anche il libertino Daniel, camicia e jeans nel tempo libero, è pronto a ricoprire il ruolo dell'affermato uomo di legge con completi distinti e raffinati.
G.

giovedì 26 novembre 2015

Gli ultimi saranno ultimi

Come si fa a condensare in appena lo spazio di un film una moltitudine di tematiche attuali, e a farlo egregiamente?
Questa la domanda che rimbomba nella mente dopo aver visto "Gli ultimi saranno ultimi".


Il film è una fotografia della realtà resa amara e poetica grazie all'uso di musiche e luci. E la bravura degli attori -di tutti gli attori- sta nel sapere bilanciare perfettamente delicatezza e tensione; dolcezza e crudezza.
Insomma il film è un pugno, e una carezza.


Luciana (Paola Cortellesi) perde il lavoro. Non viene licenziata, sia ben chiaro, non le viene rinnovato il contratto. Che per l'azienda è diverso, ma per Luciana è uguale.
Si ritrova a dover pensare al futuro suo, del marito Stefano (A. Gassmann), incocludente e svogliato, in attesa dell'affare che cambi la loro vita, e all'arrivo di un bambino.
Nel frattempo in città arriva Antonio (F. Bentivoglio), che deve vedersela coi pregiudizi e con un passato oscuro, che lo porterà a scelte ben diverse da quelle prese in precedenza. Non è certo l'unico a combattere con lo sguardo indagatore della gente. Per motivi sicuramente diversi -sia da lui che tra loro- anche Simona (I. Spada) e Manuela (I.C.Di Monte) sanno bene che significa essere oggetto del chiacchiericcio dei passanti.
Ad arricchire il cast del film ci sono tutti quei personaggi come Loredana (M. Di Biase); Adriano (M. Giuliani); Bruno (S. Fresi)...che completano ogni scena, senza mai risultare di troppo, o banali.

L'aspetto più rilevante nel film consiste proprio nell'analizzare, in maniera totale, bilanciata, mai facendo prevaricare un elemento su un altro, tante sfaccettature della vita quotidiana, fatta di prosa e di poesia, di sentimenti contrastanti. Gli stessi sentimenti contrastanti che proverà lo spettatore seduto sulla poltroncina, chiamato a riflettere, a porsi domande, a sorridere e a commuoversi.


Una sceneggiatura (scritta anche dalla stessa Cortellesi, insieme a Furio Andreotti e Gianni Corsi) perfetta, che dona un ritmo piacevole, per quanto crudo, all'intero film.
Una regia, quella di Massimiliano Bruno, mai banale. Il montaggio crea un intreccio che non lascia spazio a buchi e domande di interpretazione.
Le musiche, di Maurizio Filardo sono quel filo in più nella trama dell'opera che arricchisce e completa il tutto.
E, se avrete la pazienza di aspettare i titoli di coda, la calda voce di Paola Turci renderà ancora più dolce il vostro rientro a casa.

Le prove degli attori sono qualcosa di fenomenale. Ognuno di loro porta negli occhi una quantità di tristezza pari a quella di speranza; il tentativo di cambiamento e la difficoltà di abbandonare le proprie radici sono ben evidenti.
Probabilmente l'interpretazione migliore della carriera di Paola Cortellesi. Aiutato forse dal ruolo, risulta uno dei migliori attori dell'intero film Fabrizio Bentivoglio. Per non parlare di Stefano Fresi, intensissimo, per quanto occupi breve spazio (da un punto di vista temporale)  all'interno della pellicola.
O di Ilaria Spada, decisamente sottovalutata dal panorama cinematografico.

Apprezzatissimi anche i camei di Valerio Aprea e di Raffaele Vannoli, che danno al film quella luce di familiarità e l'idea che dietro a un bel progetto del genere ci siano davvero persone che si vogliono bene.
E a cui, alla fine, voglio bene pure io. Io, che esco dal cinema commossa e arricchita.
G.

domenica 22 novembre 2015

Harry ti presento Sally

"Può esistere l'amicizia fra uomo e donna?" è una delle domande che ci siamo posti tutti almeno una volta nella vita. E' il quesito su cui si poggia il maggior numero di commedie romantiche che esistono, su cui sono stati scritti libri e serie tv.
Ma, prima di tutti, ci sono Harry e Sally.

"Harry ti presento Sally" è una pietra miliare nella storia della commedia, opera di maggior successo del regista Rob Reiner che vede pure la firma di Nora Ephron, che veste i panni sia  della sceneggiatrice che dell' autrice del soggetto.

In effetti la storia è a tratti autobiografica. Ai tempi del film, Rob era appena tornato single e affrontava la vita cinicamente e con poco ottimismo. A differenza sua, Nora era sempre allegra e positiva. Da questa differenza nascono i due personaggi principali di quella che è la mamma di tutte le commedie romantiche americane.
Harry (Billy Crystal) e Sally (Meg Ryan) si conoscono per caso alla fine dell'università.
Faranno un lungo viaggio in auto, da Chicago a New York, durante il quale saranno evidenti già molte loro differenze.

I due, che non sembrano andare molto d'accordo, si rincontreranno dopo cinque anni: Sally è fidanzata, Harry sta per sposarsi. Passeranno ancora cinque anni prima del loro terzo incontro, e le loro vite, dall'ultima volta in cui si sono visti, saranno ancora notevolmente cambiate. Sally è tornata single; Harry sta divorziando dalla moglie che lo tradiva.
I due inizieranno a frequentarsi, a uscire insieme, a confidarsi sulle relative storie d'amore fino a dare una risposta (quella definitiva?) all'atavico interrogativo: possono due persone di sesso opposto essere solo amici?

Una commedia leggera che vista con gli occhi di oggi forse non può nemmeno essere considerata per quello che realmente è.
Ma dobbiamo tener presente che la pellicola esce al cinema nel 1989 e rappresenta quindi una vera novità nel panorama cinematografico di quel tempo.
I dialoghi sono divertenti, i personaggi si fanno voler bene e diventano due amici per lo spettatore.
"Harry ti presento Sally" è uno di quei classici che non stancano mai, che puoi rivedere a distanza di anni e continuare ad apprezzare.

Concludiamo con un paio di curiosità:
-La scena più celebre dell'intero film, quella del finto orgasmo al ristorante(con cui Sally dimostra all'amico che le donne spesso fingono, e gli uomini non possono accorgersene), pare fosse stata pensata proprio da Meg Ryan;
-La signora che chiede "lo stesso della signorina" dopo la scena appena descritta è invece la mamma del regista. La battuta, tra l'altro, venne proposta dall'altro attore protaagonista, Billy Crystal.
G.

venerdì 20 novembre 2015

Letture: "Io l'amavo"

Nel 2002 Anna Gavalda, scrittrice e giornalista francese classe 1970, pubblica "Je l'amais" il suo primo romanzo, poi tradotto e arrivato anche in Italia.


La lettura, breve e molto piacevole, sembra un dialogo teatrale: Chloé viene lasciata dal marito Adrien, e Pierre Dippel, padre di Adrien, decide di portarla per qualche giorno nella casa di campagna, per consolarla.
L'uomo, burbero e severo, dal quale non ci si aspetterebbe nessun moto di gentilezza, avrà invece molto da insegnare, in quelle poche ore, a Chloè.

Anna Gavalda è brava nel misurare i toni: da quelli ironici, pungenti si passa a quelli teneri e amorevoli.
Pierre e Chloé sono una bella coppia, costruiscono un duo bilanciato e sanno dare e prendere ognuno i propri spazi.

Alla fine del romanzo, escono entrambi più forti.
E anche il lettore, cibatosi degli insegnamenti del vecchio Pierre, non può che essere d'accordo con lui, e con un sorriso dolceamaro, come è un po' l'intero testo, chiudere il libro con maggior consapevolezza.

G.

lunedì 16 novembre 2015

Letture: "cose che nessuno sa"

Margherita trascorre al mare l'ultima estate prima del liceo.
Ha un rapporto splendido con la sua famiglia, il papà, la mamma, Andrea -il fratellino-, e nonna Lucia.
Ma in un momento già così delicato per una qualsiasi adolescente pronta a dover affrontare le superiori e un mondo sconosciuto, una delle certezze su cui fino a quel momento aveva contato,se ne va.
E' il padre, che lascia la moglie e i due figli con un messaggio in segreteria.

A scuola le cose non vanno bene, nonostante accanto a Margherita ci sia la forte presenza della sua amica Marta. A casa, ovviamente, vanno pure peggio.

Intanto conosciamo altri personaggi, ognuno con le loro storie: Giulio, così duro e fragile allo stesso tempo; il professore di lettere di Margherita, incapace di donare completamente se stesso agli altri; la signora Lucia, nonna materna della protagonista (anche se siamo di fronte a un romanzo certamente corale), che sembra avere la soluzione per tutto...

A tratti forse Alessandro D'Avenia, che ha pubblicato "Cose che nessuno sa" nel 2011, è un po' stucchevole.
C'è parecchia retorica, alcuni episodi risultano inverosimili e sembra di leggere una storia che attinge al mondo del fantastico, piuttosto che a quello realistico.

Ci sono tante descrizioni, tante citazioni, che interrompono la storia dilatando invece il tempo del racconto, e questo è un artificio che non tutti apprezzano.

Ma il libro mi è piaciuto. Ha saputo colpire le giuste corde dell'anima, ed è riuscito a commuovermi.
E' un libro forse destinato a pubblici diversi: i più giovani apprezzeranno le avventure poco verosimili di Margherita e del professore; ai più grandi piacerà quella cornice narrativa che ci fa dimenticare che siamo di fronte a una storia e ci farà riflettere molto di più su quello che ci circonda.
G.

venerdì 13 novembre 2015

Snoopy & friends- il film dei Peanuts!

Ci sono proprio tutti: Linus con la sua inseparabile copertina; Lucy con l'irrinunciabile battuta pronta; Piperita Patty, maschiaccio della serie; la secchiona Marcie, Pig Pen e la polvere che lo circonda; la biondissima Marcie; Schroeder e il suo piano; la bellissima ragazzina dai capelli rossi... ma soprattutto Charlie Brown con la sua abituale dose di goffaggine e il tenerissimo Snoopy accompagnato da Woodstock.

I Peanuts non hanno età.
Quando Schulz ebbe questa brillante idea di creare strisce di fumetti con protagonisti un cane e dei bambini molto diversi tra loro e davvero ben caratterizzati, correva l'anno 1947.
A oggi credo che nessuno sia riuscito in un'impresa come la sua. E probabilmente non ci riuscirà mai.
I Peanuts siamo tutti noi.
Questi bambini altro non sono che i nostri piccoli alter ego che si muovono in una città diversa, a ritmi diversi, ma esprimono alla perfezione le nostre paure, le nostre emozioni, le nostre speranze...

Ma torniamo al film!
La scuola è chiusa per via della neve, e i nostri piccoli protagonisti organizzano una partita di Hockey su ghiaccio.
Nel frattempo Charlie decide di far volare il suo aquilone, ma ovviamente l'Albero mangia-aquiloni ha la meglio, e Charlie è ancora una volta vittima della sfortuna.
E' in quel momento che i piccoli si accorgono che nelle vicinanze si trasferisce un nuovo bambino...Sappiamo tutti chi sarà: non un maschietto, ma la ragazzina dai capelli rossi, per cui Charlie Brown avrà la sua prima cotta.

Intanto riaprono le scuole, Snoopy può dedicarsi alla scrittura e al cibo, i nostri piccoli eroi alle loro avventure quotidiane...e per Charlie tutto sarà incentrato sul come fare colpo sulla sua nuova amica!

Un film carinissimo!
L'animazione non troppo particolareggiata, minimale (addirittura vengono mescolate la tridimensionalità alla bidimensionalità, che richiama il fumetto vero e proprio!) è veramente adatta al tipo di avventure che si vogliono raccontare e ancor più a quelli che sono i disegni a cui siamo abituati.
La storia è molto vivace, e c'è davvero l'impressione di un omaggio a papà Schulz e alle sue grandiose idee.
Unica "pecca" le voci. Mi ci sono davvero dovuta abituare.
Non che i doppiatori non fossero bravi, tutt'altro, ma per me i bimbi avevano/hanno delle voci da me attribuite durante la lettura delle strisce, che ovviamente non possono corrispondere in pieno a quelle degli attori che leggono il copione.
Soprattutto Lucy, per me è acida e disgustata da tutto quello che la circonda...mentre qui, nonostante mantenga le caratteristiche proprie del suo personaggio, ha una vocina dolce e bambina.

Ho molto apprezzato il dettaglio iniziale; il motivetto della 21th century fox è suonato al piano..ovviamente da Schroeder!

Snoopy & friends è un film che può piacere a grandi e piccini perché ha diversi livelli di lettura: per i più piccoli si limiterà a raccontare delle divertenti avventure; per i più grandi sarà un viaggio piacevole, poichè non troppo impegnato (e quindi impegnativo) nella propria mente e nel proprio cuore, affrontando tematiche quali la timidezza, la paura, l'amore non ricambiato, il senso di inadeguatezza...
Buona visione, allora!
G.

martedì 10 novembre 2015

La legge del mercato

Aspettavo con tanta trepidazione di vedere questo film.
Merito del trailer, dell'attore protagonista (V. Lindon, che grazie a "La legge del mercato" si è aggiudicato il premio come miglior interpretazione maschile a Cannes), ma soprattutto della tematica sociale che prometteva di approfondire.
Purtroppo le mie alte aspettative sono miserabilmente state deluse.
Il soggetto è certamente intenso e meritevole di essere conosciuto, ma il film in generale non è certo tra i migliori che abbia visto.

Thierry è un uomo di più di cinquant'anni, da quasi due senza impiego fisso. Segue i corsi propinati dall'ufficio di collocamento, si immerge con impegno negli stages ma non trova lavoro.
Non ha grossi risparmi, tanto che in banca viene convinto a vendere la sua casa per affittarne una più economica; non è troppo abile nei rapporti con le altre persone e ha un figlio disabile. Una serie di cose che, se da un lato rendono più dure le sue giornate; dall'altro gli donano quella sensibilità di chi conosce i problemi, semplicemente perché li affronta quotidianamente.
Finalmente Thierry trova un lavoro: deve occuparsi della sicurezza di un centro commerciale, osservare che nessuno rubi qualcosa dagli scaffali, che esca senza pagare.
Quanto sia dura la legge del mercato, in questo periodo di crisi è sotto gli occhi di tutti, ma è ancor più duro per Thierry decidere se far o meno prevalere quello che considera essere il buon senso. 

Nelle tematiche attualissimo, il film scorre purtroppo in maniera lenta.
Non riesco a capire se la colpa sia della sceneggiatura originale, o del processo di traduzione che ha portato a degli scambi di battute soporiferi e noiosi.
Lenta pure la regia, con sequenze interminabili e passaggi inutili.

Credo che quando ci sia una solida base, come in questo caso, ma la si distrugga nel processo di costruzione di quello che poi arriverà nelle sale, la valutazione finale non possa certo essere alta.
Un vero peccato, soprattutto perché il cinema francese, specialmente questo degli ultimi anni, si era finalmente scrollato di dosso l'etichetta affibbiata un po' da tutti di essere pesante e noioso.

Ma "La legge del mercato" malgrado tutto, rischia di far ripiombare un'intera categoria in questo pesante clichè.

domenica 8 novembre 2015

Teneramente folle

Cameron (M. Ruffalo) è esattamente "teneramente folle". Un padre che fa di tutto per prendersi cura delle due figlie e per conquistare la moglie Maggie (Z.Saldana), nonostante il disturbo bipolare da cui è affetto, è assolutamente e inevitabilmente teneramente folle.

Le vicende di Cameron e della sua famiglia, sono ispirate alla vita della regista, Maya Forbes, cresciuta negli anni settanta nel Massachussets.
La mamma di Maya, per offrire alle figlie la possibilità di un'istruzione e di un futuro migliore, si trasferì per un lavoro migliore, lasciando le due bambine alle cure del marito, da cui si era separata, dopo diverse crisi depressive.

Film e vita reale si intrecciano: Cam deve stare per ben diciotto mesi con le due figlie, lontano dalla moglie. Sembra un'occasione perfetta di riscatto, per lui: Il suo medico gli ha consigliato di seguire una certa routine e di prendersi maggiori responsabilità per garantire una migliore guarigione.

Ma Cameron, buono, sensibile, pronto a preparare piatti succulenti per le adorate bambine, è un uomo problematico. E' imbarazzante per le bambine dover stare con un uomo così invadente, così incline alle chiacchiere e propenso ad accogliere a casa sua nuovi ospiti...o a infilarsi nelle case altrui per dare una mano-assolutamente non richiesta-.
Cameron ha anche il vizio del fumo e quello dell'alcool. Non sempre è facile tenersi sottocontrollo, e lui ne è consapevole.
Ce la mette tutta, ma cade. Si rialza, cade di nuovo.

Il film è un continuo saliscendi tra momenti di idillio familiare, in cui l'entusiasmo bambino del padre e quello delle sue figlie compongono i pezzi di un puzzle perfetto; e momenti di crisi buia, in cui sbarriamo gli occhi di fronte alla violenza verbale di un uomo contro chiunque lo circondi.

Ma Cameron ce la mette davvero tutta. Ma cade. Si rialza, cade di nuovo.
Amelia (Imogene Wolodarsky-figlia della Forbes) e Faith (Ashley Aufderheide), benché siano appena due bambine, lo sanno bene. E tra la loro rabbia mescolata a compassione, e tanto tanto amore, fanno di tutto per assecondare il movimento totalmente imprevedibile delle montagne russe su cui sono sedute.

La regista è attenta ad affrontare tematiche che legano perfettamente il mondo degli anni settanta (in cui il film è ambientato) a quello attuale. Esempio particolarmente evidente è quello del femminismo o più in generale della posizione subalterna di una moglie rispetto a un marito.
Maggie è vista come una cattiva madre, per aver abbandonato le bambine al marito; Cameron è un uomo diverso dalla massa: è strano che qualcuno accetti che sia una donna a portare a casa lo stipendio;viene fatta attenzione al ruolo di "moglie", colei che dovrebbe cucinare e occuparsi della casa; e "marito" colui che dovrebbe lavorare e guadagnare.

Gli attori sono eccellenti: Mark Ruffalo fa quasi paura per i continui sbalzi che vive durante il film; le due bambine sono bravissime nel mettere in scena questo misto di pietà e tenerezza nei confronti di una delle persone che più amano al mondo; Zoe Saldana èperfetta nel ruolo di chi cerca di mantenere tutto in perfetto equilibrio.

Splendida anche la colonna sonora, che fa emergere in maniera ancora più evidente di quanto facciano gli stessi attori gli alti e i bassi della vita di queste quattro persone.

Commovente, tenero, folle.
G.