domenica 27 dicembre 2015

Big Eyes

Big eyes: la storia quasi vera di Margaret Keane, nome che rese celebre Peggy Hawkins, pittrice statunitense famosa per i suoi quadri che ritraggono bambini dagli occhi sproporzionati rispetto al resto del volto.


La biografia dell'artista è argomento piuttosto noto: dipinse praticamente per tutta la vita firmando col nome del secondo marito, Walter Keane, appunto, rendendolo così noto al mondo dell'arte degli anni cinquanta e sessanta. Stanca delle bugie di lui e della vita costretta a fare, decise di uscire allo scoperto.
 Chiese il divorzio, lo citò in giudizio e vinse la causa.
Oggi la signora Keane è una splendida ottantottenne. Continua a dipingere, e non deve più nascondersi.
Walter è morto ormai anni fa, ma fino alla fine ha continuato ad affermare di essere stato il solo vero pittore dei dipinti...Pur non dando mai prove concrete.

Il film è l'ultimo lavoro di Tim Burton, e se avete amato le atmosfere di Edward mani di forbice non vi deluderà.
Onirico, tra l'illusorio e il reale, provocatorio... Burton è un regista dallo stile unico ed inimitabile, un po' come l'artista a cui è dedicata la pellicola. (Di cui, tra l'altro, è grande ammiratore: basti pensare che negli anni novanta le commissionò un ritratto di Lisa Marie Smith, sua fidanzata dell'epoca).

Scenografia e fotografia ci portano in un mondo quasi fantastico, fatto di colori e atmosfere da sogno. 
I due protagonisti principali, interpretati da Amy Adams e Christoph Waltz contribuiscono a farci immergere in questo clima tra il reale e l'immaginario.
Molto belli ed evocativi i costumi, i trucchi e le acconciature. 
E poi, ovviamente, si respira arte. I dipinti della Keane sono chiaramente una costante e vengono inquadrati ripetutamente, rapendo lo spettatore che si ritrova realmente attirato da quegli occhi giganti, tratto tipico (ma non per questo unico) del pennello della protagonista.
Arte che diventa pure il contrario di Vita, come in un buon racconto gotico che si rispetti, e che qui è però ispirato a fatti realmente accaduti. 
L'arte, a tutti gli effetti, è sinonimo di isolamento, rinuncia, tensione. Per colpa, in parte delle sue scelte, in parte delle pressioni del marito, Margaret smette praticamente di vivere.

Nonostante la sua figura, a tratti così debole e schiacciata; a tratti così forte e decisa, però non riusciamo a provare reale empatia nei suoi confronti.
Sarà colpa di una sceneggiatura forse troppo snella e poco sentimentale; o forse del fatto che  il ruolo di narratore è affidato al giornalista Dick Nolan (interpretato da Danny Huston), un personaggio esterno, dunque, che non ci rende totalmente partecipi delle vicende della coppia.
I personaggi restano staccati dallo sfondo, volendo fare un "paragone artistico" e ciò non ci permette una totale immedesimazione.

Un voto quindi non altissimo per un film che però dal punto di vista estetico è impeccabile.
G.

venerdì 18 dicembre 2015

Pride

Sublime. Non ci sono altri termini per definire la delicatezza con cui Pride descrive elementi sempre poco presenti nel mondo quotidiano: solidarietà e empatia.

Uscito nelle sale britanniche nel 2014, il film ripercorre un evento realmente accaduto di trent'anni prima.
Un piccolo gruppo di gay e lesbiche londinesi decide di schierarsi a favore di una raccolta fondi per i minatori del Galles,  in sciopero per motivazioni politiche.
A spingere questi ragazzi a partecipare con così tanta convinzione è la forte empatia nei confronti di persone che subiscono una discriminazione pari a quella che loro stessi affrontano nella vita di tutti i giorni.
Il dialogo non sempre sarà facile e scontato.
Pregiudizio, stereotipo, etichette applicate sulle persone come se fossero barattoli di marmellata, ostacolavano, ieri come ancora oggi, una pacifica convivenza.

Non è solo una questione economica: se da un lato è importante aiutare i minatori in difficoltà, dall'altro si attraversa il dramma profondo del non essere accettati da tutti per i propri gusti sessuali.
Oltre all'aiuto per i minatori, infatti, sono ben rappresentate le lotte legate alla sessualità e la durezza con cui si guardava a un mondo di "pervertiti", malati.
Quando evidentemente l'unica malattia è l'ignoranza e la volontà di non documentarsi, e rimanere chiusi nelle proprie gabbie mentali. 
Se, infatti, la curiosità e l'iniziale atteggiamento di sospetto da parte di un Galles legato alla tradizione possono essere giustificati; lo stesso non si può certo dire per le posizioni irrazionali e omofobe senza ragione alcuna.
Nel primo caso a parlare è la non conoscenza; nel secondo la volontà di chiudere le porte.
Anche le famiglie dei ragazzi omosessuali spesso sono portatrici di un atteggiamento di chiusura nei confronti dei loro stessi figli.
Ma, fortunatamente, non tutto è perduto: l'aiuto economico di questo gruppo strampalato verrà accettato e il dialogo e il confronto saranno favoriti.
Il messaggio è chiaro: uniti si può vincere, uniti si può prendere in mano un megafono e combattere per la propria dignità e per la parità. Addirittura, si può vincere.
Infatti la solidarietà è anche reciprocità: non ci si limiterà all'aiuto per gli scioperanti.
Durante il gay pride londinese del 1985 ci sarà una splendida sorpresa...

Recitazione senza sbavature, perfetta, da parte di tutti.
La sceneggiatura e la regia sono ineccepibili.
E' quasi ridicolo cercare aggettivi che possano descrivere la bellezza di questo film, che anzi è stato forse sottovalutato, in termini materiali, dalla critica.
La colonna sonora accompagna lo spettatore rendendolo partecipe della rivoluzione in atto.

Si ride? Un sacco. Di gusto, di fronte alle vecchiette progressiste; sornioni per le tattiche imparate da "quei pervertiti" dei gay per rimorchiare in bar.

Si piange? Ovviamente. Senza dubbio.
Lo consiglio? Assolutamente sì!
G.

The words

Thriller-dramma del 2012, The words vede per la prima volta dietro la macchina da presa la coppia formata da  Brian Klugman e Lee Sternthal (anche sceneggiatori).
Il film vuole intrecciare ad un evento che avviene in contemporanea (la lettura, da parte di un noto autore di romanzi,del suo ultimo lavoro), a due eventi del passato (la vicenda narrata nel libro, e la vicenda legata al racconto stesso).
Lo fa bene. Nonostante possa sembrare complesso aprire questa matrioska e frugarvi dentro, allo spettatore tutto è chiaro.
Forse anche troppo.
Durante la lettura pubblica del suo romanzo, "The words", appunto, il famoso Clay Hammond (D. Quaid) viene interrogato da una giovane scrittrice che vorrebbe saperne di più. 
Clay si ritrova a svelarle il finale della storia, una storia avvolta nel mistero in cui ci si domanda dove sia la morale.
La trama del romanzo di Hammond infatti è davvero affascinante: Rory Jansen (B. Cooper) dopo aver deciso di fare lo scrittore e aver ricevuto una serie di due di picche dalle maggiori case editrici, diventa un autore stimatissimo grazie alla pubblicazione di un romanzo non suo.
Per un caso fortuito, infatti, Rory ha trovato dentro una vecchia borsa dei fogli già scritti e si è limitato a copiarli su pc.
Tutto è andato bene, fin quando il reale autore del romanzo (un J. Irons da Oscar!) non si è presentato a rivendicare la paternità del libro. Il vecchio (di cui non sappiamo il nome, nonostante sia il concreto autore del romanzo oltre che il protagonista del film, per gran parte ambientato nella Parigi del dopoguerra), non sembra voler nulla da Rory, semplicemente fargli sapere che la menzogna è stata scoperta.
Gli unici a conoscere la verità sono l'editore e la moglie di Rory.
Ma chi è davvero Rory? Chi è davvero Clay?
Come fanno tre storie a convivere così armoniosamente?

Il film è piacevole, nonostante il finale piuttosto scontato (si tratta del classico caso in cui la prima parte è molto più avvincente della seconda, poiché ormai si pensa di aver capito quasi tutto, e basta semplicemente sapere se si ha ragione o meno), grazie innanzitutto all'ottimo lavoro di regia e montaggio.
I flashback; l'inizio in medias res; la presenza di più narratori e più punti di vista sono fondamentali per la riuscita del lato più thriller.
Anche la sceneggiatura è molto buona, nonostante si tratti di un'opera prima per entrambi gli autori.
La recitazione degli attori è perfetta. Oltre ai già citati uomini, ricordiamo la meravigliosa performance di Olivia Wilde (nei panni della moglie di Rory) e di Nora Amezeder (la compagna del vecchio nei flashback francesi).
Ambientazione, luci e colori incorniciano il quadro rendendolo esteticamente molto piacevole.
Sia nelle parti ambientate al giorno d'oggi, sia in quelle del passato, i costumi, i colori, la scenografia sono perfetti.

Unica pecca, appunto, la conclusione.  Avrei preferito che il cerchio si chiudesse in maniera diversa, con una scrittrice in erba che a sua volta portasse nuove verità da svelare. Nulla è perfetto!
G.

giovedì 17 dicembre 2015

Matrimonio per sbaglio

Per trenta secondi di risate non vale davvero la pena di perdere un'ora e mezza davanti alla tv.
E già questa frase riassume perfettamente quella che sarà la seguente recensione, quindi potete pure chiudere tutto e fermarvi qui, ma fidatevi: non guardate questo film!

Uscita nel 2006, la commedia racconta della favolosa avventura capitata a Anderson (J. Biggs) e Katie (I. Fisher).
Il primo, dopo la tragicomica morte della compagna Vanessa, deceduta di fronte alla proposta di matrimonio di lui, sembra non riuscire più a riprendersi dal lutto.
La seconda, dopo aver visto l'anello di fidanzamento del fidanzato storico, ha chiesto un periodo di pausa.
Il destino vuole che proprio nel giorno in cui Anderson decide di rimettersi in gioco e chiedere ad una perfetta sconosciuta, la cameriera della tavola calda in cui sta pranzando, di sposarla, sulla sua strada si piazza Katie.
E il destino vuole che Katie pure vuole vivere una nuova vita dopo aver praticamente rifiutato la proposta del fidanzato, quindi accetta.

Ecco che i due, dopo nemmeno essersi presentati, devono fare la conosceza delle rispettive famiglie; organizzare una convivenza e preparare una cerimonia ufficiale.
(Ve l'avevo detto che anche questa lettura sarebbe stata inutile, no?!)

Il tutto, già di per sé surreale e incredibile, è condito dalle mirabolanti avventure che vivono la famiglia di Katie (il cui papà evade dal carcere pur di accompagnarla all'altare; la cui mamma è tanto indecisa sull'amore quanto la figlia e il cui patrigno è un personaggio talmente marginale da apparire sullo schermo in rari momenti); i suoi amici (circensi prestati alla tavola calda) e i genitori di Anderson.


La sceneggiatura affossa ancora di più questo soggetto banalmente incredibile (e incredibilmente banale, al contempo!), e anche le scelte di regia non servono certo a migliorare la situazione.

La colpa del flop se la prendono pure gli attori, che non fanno nulla per rimanere nella memoria dello spettatore, che già sa come tutto andrà a finire e non si gode nemmeno lo spettacolo della recitazione, seppur fine a se stesso.
Un vero peccato.
Non buttate i vostri novanta minuti!
G.

lunedì 30 novembre 2015

Letture: pochi inutili nascondigli

Dato alle stampe nel 2008, "Pochi inutili nascondigli" è una raccolta di racconti di Giorgio Faletti.
Passando per le tinte noir, per il racconto fantastico, per il gotico, Faletti è abile nel cogliere le ispirazioni del passato e farle sue.
Tanto per citarne uno, è evidente la rilettura di Edgar Allan Poe, specialmente nel primo dei sette racconti,in cui è forte l'opposizione vita-morte; natura-arte.

Meravigliose le tinte fosche che l'autore ritrae,in alcuni episodi più che in altri, ricreando così un'atmosfera a metà tra il fantastico e il vero.

Il modo di scrivere di Faletti è iconico, prende a tal punto da lasciare a metà tra il desiderio di continuare la lettura e la paura di finire troppo presto il libro.
Evocativo, Faletti lascia il lettore esattamente nella stessa incertezza in cui si trovano i personaggi di fronte a episodi surreali. 

Anche se non siete amante del genere, e alle storie fantastiche preferite i gialli più classici, la penna dello scrittore vi guiderà in ambienti realistici contornati da elementi fantasiosi con stupore e piacere.

Una lettura assolutamente consigliata, soprattutto grazie alla diversità tra i vari racconti, che consentono di non annoiarsi mai e di divorare il libro senza neppure accorgersene.
G.

domenica 29 novembre 2015

Laws of attraction-matrimonio in appello

Audrey Woods (J.Moore) è un'affascinante avvocato divorzista newyorkese, che non ha mai perso una causa.
E' impegnatissima nel lavoro, ama la razionalità. si occupa della legge ed è single.
Rappresentando una sua cliente incontra il famoso Daniel Rafferty (P. Brosnan), affascinante avvocato divorzista pure lui, e pure lui con nessun fallimento alle spalle.
Ma a differenza di Audrey, Daniel preferisce il divertimento alla ragione, il disordine all'ordine, non è puntuale e sembra il classico dongiovanni che ottiene tutto quello che vuole con un semplice sguardo.

Se è vero il detto che gli opposti si attraggono, basta una sola serata (che da incontro di lavoro, si trasforma ben presto in sbronza e nottata insieme), per far sì che Audrey e Daniel da semplici colleghi diventino qualcosa di più.

Dopo un'udienza difficile, i brillanti avvocati dovranno pure affrontare un viaggio assieme per raccogliere prove in favore dei rispettivi clienti che rappresentano.
Ma l'attrazione torna a bussare alla porta, l'alcool rende tutto più confuso, e dopo una seconda notte insieme, i due si svegliano con le fedi al dito.

Saranno costretti a portare avanti un matrimonio di facciata? Sveleranno l'errore commesso? Finiranno con l'innamorarsi?

Molto divertente la rappresentazione dei personaggi, tipizzati come una buona commedia degli anni duemila (il film esce nelle sale nel 2004) vuole: Audrey è la classica donna in carriera, rigida con tutti e tutto e dedita solo al lavoro; apparentemente sicura di sé; Daniel è forte della sua bellezza, del suo successo e sembra sempre perfetto tanto da conciliare al lavoro di avvocato anche quello dello scrittore.

Simpatica anche la figura della mamma di Audrey, diversissima da lei, attenta alla forma fisica e all'alimentazione (oltre che poco propensa a farsi chiamare "mamma" in pubblico), e quella del giudice Abramovitz, che sarà presente in tutta la pellicola.

I dialoghi sono prevedibili (come tutta la trama, per essere onesti), fatti di giochi di parole e di doppisensi, mai troppo volgari.
Il film risulta, nel suo genere, piacevole. La classica commedia romantica, fatta di diversità ed equivoci.

Rappresentativi anche i costumi (che, insieme al trucco, si guadagnano una nomination per gli Irish film and television awards). Audrey, così elegante e professionale in aula, si tuffa nella tuta e sul divano appena può; e anche il libertino Daniel, camicia e jeans nel tempo libero, è pronto a ricoprire il ruolo dell'affermato uomo di legge con completi distinti e raffinati.
G.

giovedì 26 novembre 2015

Gli ultimi saranno ultimi

Come si fa a condensare in appena lo spazio di un film una moltitudine di tematiche attuali, e a farlo egregiamente?
Questa la domanda che rimbomba nella mente dopo aver visto "Gli ultimi saranno ultimi".


Il film è una fotografia della realtà resa amara e poetica grazie all'uso di musiche e luci. E la bravura degli attori -di tutti gli attori- sta nel sapere bilanciare perfettamente delicatezza e tensione; dolcezza e crudezza.
Insomma il film è un pugno, e una carezza.


Luciana (Paola Cortellesi) perde il lavoro. Non viene licenziata, sia ben chiaro, non le viene rinnovato il contratto. Che per l'azienda è diverso, ma per Luciana è uguale.
Si ritrova a dover pensare al futuro suo, del marito Stefano (A. Gassmann), incocludente e svogliato, in attesa dell'affare che cambi la loro vita, e all'arrivo di un bambino.
Nel frattempo in città arriva Antonio (F. Bentivoglio), che deve vedersela coi pregiudizi e con un passato oscuro, che lo porterà a scelte ben diverse da quelle prese in precedenza. Non è certo l'unico a combattere con lo sguardo indagatore della gente. Per motivi sicuramente diversi -sia da lui che tra loro- anche Simona (I. Spada) e Manuela (I.C.Di Monte) sanno bene che significa essere oggetto del chiacchiericcio dei passanti.
Ad arricchire il cast del film ci sono tutti quei personaggi come Loredana (M. Di Biase); Adriano (M. Giuliani); Bruno (S. Fresi)...che completano ogni scena, senza mai risultare di troppo, o banali.

L'aspetto più rilevante nel film consiste proprio nell'analizzare, in maniera totale, bilanciata, mai facendo prevaricare un elemento su un altro, tante sfaccettature della vita quotidiana, fatta di prosa e di poesia, di sentimenti contrastanti. Gli stessi sentimenti contrastanti che proverà lo spettatore seduto sulla poltroncina, chiamato a riflettere, a porsi domande, a sorridere e a commuoversi.


Una sceneggiatura (scritta anche dalla stessa Cortellesi, insieme a Furio Andreotti e Gianni Corsi) perfetta, che dona un ritmo piacevole, per quanto crudo, all'intero film.
Una regia, quella di Massimiliano Bruno, mai banale. Il montaggio crea un intreccio che non lascia spazio a buchi e domande di interpretazione.
Le musiche, di Maurizio Filardo sono quel filo in più nella trama dell'opera che arricchisce e completa il tutto.
E, se avrete la pazienza di aspettare i titoli di coda, la calda voce di Paola Turci renderà ancora più dolce il vostro rientro a casa.

Le prove degli attori sono qualcosa di fenomenale. Ognuno di loro porta negli occhi una quantità di tristezza pari a quella di speranza; il tentativo di cambiamento e la difficoltà di abbandonare le proprie radici sono ben evidenti.
Probabilmente l'interpretazione migliore della carriera di Paola Cortellesi. Aiutato forse dal ruolo, risulta uno dei migliori attori dell'intero film Fabrizio Bentivoglio. Per non parlare di Stefano Fresi, intensissimo, per quanto occupi breve spazio (da un punto di vista temporale)  all'interno della pellicola.
O di Ilaria Spada, decisamente sottovalutata dal panorama cinematografico.

Apprezzatissimi anche i camei di Valerio Aprea e di Raffaele Vannoli, che danno al film quella luce di familiarità e l'idea che dietro a un bel progetto del genere ci siano davvero persone che si vogliono bene.
E a cui, alla fine, voglio bene pure io. Io, che esco dal cinema commossa e arricchita.
G.

domenica 22 novembre 2015

Harry ti presento Sally

"Può esistere l'amicizia fra uomo e donna?" è una delle domande che ci siamo posti tutti almeno una volta nella vita. E' il quesito su cui si poggia il maggior numero di commedie romantiche che esistono, su cui sono stati scritti libri e serie tv.
Ma, prima di tutti, ci sono Harry e Sally.

"Harry ti presento Sally" è una pietra miliare nella storia della commedia, opera di maggior successo del regista Rob Reiner che vede pure la firma di Nora Ephron, che veste i panni sia  della sceneggiatrice che dell' autrice del soggetto.

In effetti la storia è a tratti autobiografica. Ai tempi del film, Rob era appena tornato single e affrontava la vita cinicamente e con poco ottimismo. A differenza sua, Nora era sempre allegra e positiva. Da questa differenza nascono i due personaggi principali di quella che è la mamma di tutte le commedie romantiche americane.
Harry (Billy Crystal) e Sally (Meg Ryan) si conoscono per caso alla fine dell'università.
Faranno un lungo viaggio in auto, da Chicago a New York, durante il quale saranno evidenti già molte loro differenze.

I due, che non sembrano andare molto d'accordo, si rincontreranno dopo cinque anni: Sally è fidanzata, Harry sta per sposarsi. Passeranno ancora cinque anni prima del loro terzo incontro, e le loro vite, dall'ultima volta in cui si sono visti, saranno ancora notevolmente cambiate. Sally è tornata single; Harry sta divorziando dalla moglie che lo tradiva.
I due inizieranno a frequentarsi, a uscire insieme, a confidarsi sulle relative storie d'amore fino a dare una risposta (quella definitiva?) all'atavico interrogativo: possono due persone di sesso opposto essere solo amici?

Una commedia leggera che vista con gli occhi di oggi forse non può nemmeno essere considerata per quello che realmente è.
Ma dobbiamo tener presente che la pellicola esce al cinema nel 1989 e rappresenta quindi una vera novità nel panorama cinematografico di quel tempo.
I dialoghi sono divertenti, i personaggi si fanno voler bene e diventano due amici per lo spettatore.
"Harry ti presento Sally" è uno di quei classici che non stancano mai, che puoi rivedere a distanza di anni e continuare ad apprezzare.

Concludiamo con un paio di curiosità:
-La scena più celebre dell'intero film, quella del finto orgasmo al ristorante(con cui Sally dimostra all'amico che le donne spesso fingono, e gli uomini non possono accorgersene), pare fosse stata pensata proprio da Meg Ryan;
-La signora che chiede "lo stesso della signorina" dopo la scena appena descritta è invece la mamma del regista. La battuta, tra l'altro, venne proposta dall'altro attore protaagonista, Billy Crystal.
G.

venerdì 20 novembre 2015

Letture: "Io l'amavo"

Nel 2002 Anna Gavalda, scrittrice e giornalista francese classe 1970, pubblica "Je l'amais" il suo primo romanzo, poi tradotto e arrivato anche in Italia.


La lettura, breve e molto piacevole, sembra un dialogo teatrale: Chloé viene lasciata dal marito Adrien, e Pierre Dippel, padre di Adrien, decide di portarla per qualche giorno nella casa di campagna, per consolarla.
L'uomo, burbero e severo, dal quale non ci si aspetterebbe nessun moto di gentilezza, avrà invece molto da insegnare, in quelle poche ore, a Chloè.

Anna Gavalda è brava nel misurare i toni: da quelli ironici, pungenti si passa a quelli teneri e amorevoli.
Pierre e Chloé sono una bella coppia, costruiscono un duo bilanciato e sanno dare e prendere ognuno i propri spazi.

Alla fine del romanzo, escono entrambi più forti.
E anche il lettore, cibatosi degli insegnamenti del vecchio Pierre, non può che essere d'accordo con lui, e con un sorriso dolceamaro, come è un po' l'intero testo, chiudere il libro con maggior consapevolezza.

G.

lunedì 16 novembre 2015

Letture: "cose che nessuno sa"

Margherita trascorre al mare l'ultima estate prima del liceo.
Ha un rapporto splendido con la sua famiglia, il papà, la mamma, Andrea -il fratellino-, e nonna Lucia.
Ma in un momento già così delicato per una qualsiasi adolescente pronta a dover affrontare le superiori e un mondo sconosciuto, una delle certezze su cui fino a quel momento aveva contato,se ne va.
E' il padre, che lascia la moglie e i due figli con un messaggio in segreteria.

A scuola le cose non vanno bene, nonostante accanto a Margherita ci sia la forte presenza della sua amica Marta. A casa, ovviamente, vanno pure peggio.

Intanto conosciamo altri personaggi, ognuno con le loro storie: Giulio, così duro e fragile allo stesso tempo; il professore di lettere di Margherita, incapace di donare completamente se stesso agli altri; la signora Lucia, nonna materna della protagonista (anche se siamo di fronte a un romanzo certamente corale), che sembra avere la soluzione per tutto...

A tratti forse Alessandro D'Avenia, che ha pubblicato "Cose che nessuno sa" nel 2011, è un po' stucchevole.
C'è parecchia retorica, alcuni episodi risultano inverosimili e sembra di leggere una storia che attinge al mondo del fantastico, piuttosto che a quello realistico.

Ci sono tante descrizioni, tante citazioni, che interrompono la storia dilatando invece il tempo del racconto, e questo è un artificio che non tutti apprezzano.

Ma il libro mi è piaciuto. Ha saputo colpire le giuste corde dell'anima, ed è riuscito a commuovermi.
E' un libro forse destinato a pubblici diversi: i più giovani apprezzeranno le avventure poco verosimili di Margherita e del professore; ai più grandi piacerà quella cornice narrativa che ci fa dimenticare che siamo di fronte a una storia e ci farà riflettere molto di più su quello che ci circonda.
G.

venerdì 13 novembre 2015

Snoopy & friends- il film dei Peanuts!

Ci sono proprio tutti: Linus con la sua inseparabile copertina; Lucy con l'irrinunciabile battuta pronta; Piperita Patty, maschiaccio della serie; la secchiona Marcie, Pig Pen e la polvere che lo circonda; la biondissima Marcie; Schroeder e il suo piano; la bellissima ragazzina dai capelli rossi... ma soprattutto Charlie Brown con la sua abituale dose di goffaggine e il tenerissimo Snoopy accompagnato da Woodstock.

I Peanuts non hanno età.
Quando Schulz ebbe questa brillante idea di creare strisce di fumetti con protagonisti un cane e dei bambini molto diversi tra loro e davvero ben caratterizzati, correva l'anno 1947.
A oggi credo che nessuno sia riuscito in un'impresa come la sua. E probabilmente non ci riuscirà mai.
I Peanuts siamo tutti noi.
Questi bambini altro non sono che i nostri piccoli alter ego che si muovono in una città diversa, a ritmi diversi, ma esprimono alla perfezione le nostre paure, le nostre emozioni, le nostre speranze...

Ma torniamo al film!
La scuola è chiusa per via della neve, e i nostri piccoli protagonisti organizzano una partita di Hockey su ghiaccio.
Nel frattempo Charlie decide di far volare il suo aquilone, ma ovviamente l'Albero mangia-aquiloni ha la meglio, e Charlie è ancora una volta vittima della sfortuna.
E' in quel momento che i piccoli si accorgono che nelle vicinanze si trasferisce un nuovo bambino...Sappiamo tutti chi sarà: non un maschietto, ma la ragazzina dai capelli rossi, per cui Charlie Brown avrà la sua prima cotta.

Intanto riaprono le scuole, Snoopy può dedicarsi alla scrittura e al cibo, i nostri piccoli eroi alle loro avventure quotidiane...e per Charlie tutto sarà incentrato sul come fare colpo sulla sua nuova amica!

Un film carinissimo!
L'animazione non troppo particolareggiata, minimale (addirittura vengono mescolate la tridimensionalità alla bidimensionalità, che richiama il fumetto vero e proprio!) è veramente adatta al tipo di avventure che si vogliono raccontare e ancor più a quelli che sono i disegni a cui siamo abituati.
La storia è molto vivace, e c'è davvero l'impressione di un omaggio a papà Schulz e alle sue grandiose idee.
Unica "pecca" le voci. Mi ci sono davvero dovuta abituare.
Non che i doppiatori non fossero bravi, tutt'altro, ma per me i bimbi avevano/hanno delle voci da me attribuite durante la lettura delle strisce, che ovviamente non possono corrispondere in pieno a quelle degli attori che leggono il copione.
Soprattutto Lucy, per me è acida e disgustata da tutto quello che la circonda...mentre qui, nonostante mantenga le caratteristiche proprie del suo personaggio, ha una vocina dolce e bambina.

Ho molto apprezzato il dettaglio iniziale; il motivetto della 21th century fox è suonato al piano..ovviamente da Schroeder!

Snoopy & friends è un film che può piacere a grandi e piccini perché ha diversi livelli di lettura: per i più piccoli si limiterà a raccontare delle divertenti avventure; per i più grandi sarà un viaggio piacevole, poichè non troppo impegnato (e quindi impegnativo) nella propria mente e nel proprio cuore, affrontando tematiche quali la timidezza, la paura, l'amore non ricambiato, il senso di inadeguatezza...
Buona visione, allora!
G.

martedì 10 novembre 2015

La legge del mercato

Aspettavo con tanta trepidazione di vedere questo film.
Merito del trailer, dell'attore protagonista (V. Lindon, che grazie a "La legge del mercato" si è aggiudicato il premio come miglior interpretazione maschile a Cannes), ma soprattutto della tematica sociale che prometteva di approfondire.
Purtroppo le mie alte aspettative sono miserabilmente state deluse.
Il soggetto è certamente intenso e meritevole di essere conosciuto, ma il film in generale non è certo tra i migliori che abbia visto.

Thierry è un uomo di più di cinquant'anni, da quasi due senza impiego fisso. Segue i corsi propinati dall'ufficio di collocamento, si immerge con impegno negli stages ma non trova lavoro.
Non ha grossi risparmi, tanto che in banca viene convinto a vendere la sua casa per affittarne una più economica; non è troppo abile nei rapporti con le altre persone e ha un figlio disabile. Una serie di cose che, se da un lato rendono più dure le sue giornate; dall'altro gli donano quella sensibilità di chi conosce i problemi, semplicemente perché li affronta quotidianamente.
Finalmente Thierry trova un lavoro: deve occuparsi della sicurezza di un centro commerciale, osservare che nessuno rubi qualcosa dagli scaffali, che esca senza pagare.
Quanto sia dura la legge del mercato, in questo periodo di crisi è sotto gli occhi di tutti, ma è ancor più duro per Thierry decidere se far o meno prevalere quello che considera essere il buon senso. 

Nelle tematiche attualissimo, il film scorre purtroppo in maniera lenta.
Non riesco a capire se la colpa sia della sceneggiatura originale, o del processo di traduzione che ha portato a degli scambi di battute soporiferi e noiosi.
Lenta pure la regia, con sequenze interminabili e passaggi inutili.

Credo che quando ci sia una solida base, come in questo caso, ma la si distrugga nel processo di costruzione di quello che poi arriverà nelle sale, la valutazione finale non possa certo essere alta.
Un vero peccato, soprattutto perché il cinema francese, specialmente questo degli ultimi anni, si era finalmente scrollato di dosso l'etichetta affibbiata un po' da tutti di essere pesante e noioso.

Ma "La legge del mercato" malgrado tutto, rischia di far ripiombare un'intera categoria in questo pesante clichè.

domenica 8 novembre 2015

Teneramente folle

Cameron (M. Ruffalo) è esattamente "teneramente folle". Un padre che fa di tutto per prendersi cura delle due figlie e per conquistare la moglie Maggie (Z.Saldana), nonostante il disturbo bipolare da cui è affetto, è assolutamente e inevitabilmente teneramente folle.

Le vicende di Cameron e della sua famiglia, sono ispirate alla vita della regista, Maya Forbes, cresciuta negli anni settanta nel Massachussets.
La mamma di Maya, per offrire alle figlie la possibilità di un'istruzione e di un futuro migliore, si trasferì per un lavoro migliore, lasciando le due bambine alle cure del marito, da cui si era separata, dopo diverse crisi depressive.

Film e vita reale si intrecciano: Cam deve stare per ben diciotto mesi con le due figlie, lontano dalla moglie. Sembra un'occasione perfetta di riscatto, per lui: Il suo medico gli ha consigliato di seguire una certa routine e di prendersi maggiori responsabilità per garantire una migliore guarigione.

Ma Cameron, buono, sensibile, pronto a preparare piatti succulenti per le adorate bambine, è un uomo problematico. E' imbarazzante per le bambine dover stare con un uomo così invadente, così incline alle chiacchiere e propenso ad accogliere a casa sua nuovi ospiti...o a infilarsi nelle case altrui per dare una mano-assolutamente non richiesta-.
Cameron ha anche il vizio del fumo e quello dell'alcool. Non sempre è facile tenersi sottocontrollo, e lui ne è consapevole.
Ce la mette tutta, ma cade. Si rialza, cade di nuovo.

Il film è un continuo saliscendi tra momenti di idillio familiare, in cui l'entusiasmo bambino del padre e quello delle sue figlie compongono i pezzi di un puzzle perfetto; e momenti di crisi buia, in cui sbarriamo gli occhi di fronte alla violenza verbale di un uomo contro chiunque lo circondi.

Ma Cameron ce la mette davvero tutta. Ma cade. Si rialza, cade di nuovo.
Amelia (Imogene Wolodarsky-figlia della Forbes) e Faith (Ashley Aufderheide), benché siano appena due bambine, lo sanno bene. E tra la loro rabbia mescolata a compassione, e tanto tanto amore, fanno di tutto per assecondare il movimento totalmente imprevedibile delle montagne russe su cui sono sedute.

La regista è attenta ad affrontare tematiche che legano perfettamente il mondo degli anni settanta (in cui il film è ambientato) a quello attuale. Esempio particolarmente evidente è quello del femminismo o più in generale della posizione subalterna di una moglie rispetto a un marito.
Maggie è vista come una cattiva madre, per aver abbandonato le bambine al marito; Cameron è un uomo diverso dalla massa: è strano che qualcuno accetti che sia una donna a portare a casa lo stipendio;viene fatta attenzione al ruolo di "moglie", colei che dovrebbe cucinare e occuparsi della casa; e "marito" colui che dovrebbe lavorare e guadagnare.

Gli attori sono eccellenti: Mark Ruffalo fa quasi paura per i continui sbalzi che vive durante il film; le due bambine sono bravissime nel mettere in scena questo misto di pietà e tenerezza nei confronti di una delle persone che più amano al mondo; Zoe Saldana èperfetta nel ruolo di chi cerca di mantenere tutto in perfetto equilibrio.

Splendida anche la colonna sonora, che fa emergere in maniera ancora più evidente di quanto facciano gli stessi attori gli alti e i bassi della vita di queste quattro persone.

Commovente, tenero, folle.
G.

giovedì 29 ottobre 2015

Tutte contro lui

Mark King (Nikolaj Coster-Waldau) è sposato con Kate (Leslie Mann), ma la tradisce con Carly (Cameron Diaz).

Kate e Carly non sanno l'una dell'esistenza dell'altra.
Pensano di essere la moglie e la fidanzata di un uomo perfetto, pieno di attenzioni e di amore.
Ma un giorno scoprono delle bugie di Mark, e decidono di coalizzarsi contro di lui.
Alla strana coppia di amiche si aggiunge Amber (Kate Upton) giovanissima altra amante di Mark, convinta che lui stia divorziando dalla moglie traditrice.
Con l'appoggio di Phil (Taylor Kinney), fratello di Kate, le tre decidono sia arrivato il momento di farla pagare a quest'uomo che le ha fatte soffrire.

La commedia è carina, ma davvero piena di banalità. Giusto per fare qualche esempio:
 Carly e Kate sono agli antipodi, la prima, avvocato di successo, sicura di sé e attenta all'aspetto fisico; la seconda, casalinga, ha rinunciato a tutto per la vita di coppia, e non si preoccupa di depilarsi o di vestirsi alla moda.
Amber è la classica bella e sciocchina.
Tra le punizioni inflitte a Mark c'è il lassativo a effetto immediato, che lo costringe a correre al bagno durante una cena.
Mark non è solo un traditore, ma anche un truffatore senza scrupoli.
Anche il finale è piuttosto scontato, diciamo che non c'è davvero bisogno di vederlo.

Insomma, nulla di speciale. Soprattutto visto che alla banalità si aggiunge la fantascienza: dove e quando è possibile che la moglie e le amanti di un uomo diventino migliori amiche e si giocano una notte di sesso con lui a morra cinese?
Quante probabilità ci sono che trovino di nuovo l'amore grazie alla frequentazione tra loro?

Le uniche cose a favore di questa commedia sono costumi e scenografie.
Abiti, trucchi, pettinature, accessori...sono incantevoli.
Anche gli ambienti sono molto ben curati, sia l'ufficio in cui si muove Carly, che le varie abitazioni, sono invidiabili.

In definitiva...se volete prendere spunto su come arredare il vostro nuovo salotto, o su come vestirvi per il prossimo colloquio di lavoro, guardatelo. Se avete voglia di perdere un paio di ore senza concentrarvi troppo, guardatelo. Ma se avete voglia di un film piacevole, di una storia realistica o di una commedia che vi lasci comunque qualche spunto su cui riflettere...questo film non fa per voi!
G.

mercoledì 28 ottobre 2015

Poli opposti

Lui, Stefano, adora il mare, la Juventus, il vino rosso e la fiorentina alla brace, e nella vita fa il terapista per coppie in crisi.
Lei, Claudia, preferisce la montagna, è romanista, vegetariana e ama il vino bianco. Fa l'avvocato divorzista.
Stefano e Claudia, rispettivamente interpretati da Luca Argentero e Sarah Felberbaum, sono, è evidente, due poli opposti.

Per uno strano scherzo del destino, due persone così diverse, si ritrovano a condividere lo stesso pianerottolo, e sono costrette, pian piano a conoscersi. 
A ri-conoscersi, anzi, visto che si scopre ben presto che i due erano amici di infanzia.


A favore del film, diversi punti: il soggetto (Federici, Miniero, Ercolino), che va al di là della "banalità" che può essere associata a una commedia romantica, ed è in realtà depositario di un bel messaggio e la sceneggiatura (Pondi, Logli, Irrera, Graiani), spigliata ma non per questo vuota.
Perfetta poi l'interpretazione dei vari attori: non parlo solo dei due protagonisti, ma anche di tutti quei personaggi secondari che circondano e arricchiscono le loro vite. 
Belli anche i costumi, e i look più in generale, che hanno una chiara funzione di identificazione dei personaggi. 
Tranne che in alcuni momenti è molto buona anche la regia.
Max Croci, per la prima volta alle prese con un lungometraggio, è davvero bravo, e non c'è che da complimentarsi con lui.

 Resta da scoprire se avrà la meglio il detto "chi si somiglia si piglia" oppure "gli opposti si attraggono". 
Voi avete dubbi?! 

Ma è giusto che sia così, proprio perché il film non è la classica commedia priva di significato, come probabilmente molti penseranno guardando il trailer.
Dietro le iniziali provocazioni e i continui punzecchiamenti tra Claudia e Stefano, dietro l'innamoramento successivo e i baci rubati...insomma, dietro la storia d'amore che forse ci aspettiamo, e che comunque ci lascia il sorriso sulle labbra, c'è di più, ed è soprattutto per questo "di più" che il film merita di essere visto!
G.

sabato 24 ottobre 2015

Diciotto anni dopo

Voglio recensirvi uno di quei film che più vedi, più apprezzi.
Questo è uno di quelli.

Diciotto anni dopo è la storia di Mirko e Genziano, due fratelli che hanno smesso di parlarsi e frequentarsi dal giorno della morte della mamma.
A farli rincontrare  è un altro evento tragico, la morte del padre, che come ultimo desiderio ha quello di essere portato in Calabria dai due figli, uniti.
L'intera storia verte così sul percorso che i due fratelli, così diversi, devono affrontare. 
Si tratta di un viaggio materiale, su strada, e di un viaggio mentale, fatto scavando nel proprio io e riportando in superficie vecchie ferite mai rimarginate.

L'abilità della sceneggiatura sta nel perfetto bilanciamento tra emozioni diverse. 
Sottilmente lo spettatore si ritrova dall'aver appena sorriso, all'asciugarsi gli occhi umidi, dal provare compassione, all'arrabbiarsi.

Ecco. Questo è proprio il bello di questo film: scavando nell'anima di Mirko e Genziano, arriva certamente alla nostra.

In particolare, oltre all'ottima sceneggiatura -che, personalmente, è in un film la cosa a cui bado di più-, ho apprezzato la regia, e le interpretazioni dei grandi Leo, Impacciatore, Bonini e Ferzetti. 
Menzione d'onore va a Vinicio Marchioni, che ha una parte minuscola, per non dire un cameo. Una chicca, nella chicca.

Il film è del 2010, ed è il primo a vedere la firma alla regia di Edoardo Leo.
Benché ci sia un'incongruenza nella trama (che vi invitiamo a scovare, per evitare uno spiacevole spoiler, che rovinerebbe l'intera visione!), era evidente che stesse per nascere una stella.
E dal successo avuto in seguito, non si può certo dire che ci siamo sbagliati!
Come ribadisco, la sceneggiatura (che vede la collaborazione proprio dei due protagonisti, Leo e Bonini) è qualcosa di talmente piacevole da sembrare quasi una poesia scritta per essere recitata. Incantevole e delicata, rende l'atmosfera ora tangibile, ora decisamente onirica.

Menzione d'onore alle musiche, curate da Gianluca Misiti; e alla colonna sonora, che recupera un meraviglioso Sergio Endrigo (Lontano dagli occhi, lontano dal cuore), facendo commuovere anche i meno teneri.

Non pensate sia il caso di recuperare questo gioiellino? Approfittatene, finalmente Diciotto anni dopo è su Sky!
G.

mercoledì 21 ottobre 2015

21 Ottobre 2015 -> Ritorno al Futuro Day

Il futuro è adesso! Oggi  è il giorno in cui Marty McFly e Doc Brown arrivano dal 1985…qualunque fan di Ritorno al Futuro non aspettava che questo giorno…La trilogia è considerata iconica nel mondo del cinema degli anni 80 e oggi nel mondo tra celebrazioni e festeggiamenti si rende omaggio a questa saga…



Il 21 Ottobre 2015, Marty McFly, per salvare la sua famiglia arriva nel futuro a bordo della DeLorean nella Hill Valley…questo è quello che succede nel secondo capitolo della trilogia…



Non possiamo non mettere a confronto il futuro immaginato da Robert Zemeckis da quello attuale e quindi vediamo quante cose esistono davvero e quali invece probabilmente non vedremo mai.

Tra le cose realizzate abbiamo:

- Le scarpe autoallaccianti...prodotte qualche anno fa la nike in edizione limitata ispirandosi proprio alla trilogia e devolvendo il ricavato della vendita alla Michael J. Fox Foundation (che raccoglie fondi per la ricerca sul Parkinson, malattia da cui è affetto l’attore)




-  Il cinema 3D…oggi difusissimo non solo ai cinema ma anche sui televisori di casa


-  Gli smart glass…occhiali tecnologici prodotti dalla google e usciti sempre qualche anno fa




-  E poi le videochiamate, i tablet, i videogiochi interattivi e addirittura è stato realizzato da Lexus in onore a Ritorno al futuro il volopattino (Hoverboard), lo skateboard senza ruote.

Invece tra le cose non esistenti abbiamo le macchine volanti che sarebbero impossibili da gestire per quanto sia probabile la loro invenzione o la giacca che si asciuga da sola.
Considerando che gli anni 80 erano molto lontani dal 2015 molte previsioni si sono concretizzate…

Vi lascio qui un video pubblicitario realizzato dai due attori Michael J.Fox e Christopher Lloyd per la toyota in cui parlano delle differenze tra il passato e il presente.


Per celebrare questo giorno in molti cinema italiani verranno proiettati i primi due capitoli della saga...non perdete questo evento!...E se nel cinema della vostra città non c'èdomani su Italia Uno ci sarà una maratona di Ritorno al Futuro...la trilogia completa a partire dalle 19:25...

Buon Ritorno al Futuro Day!!


F.

sabato 17 ottobre 2015

Letture: l'incredibile Urka


Luciana Littizzetto mi sta parecchio simpatica.
E' raro che dica qualcosa che percepisco essere di cattivo gusto.
E il suo quattordicesimo (ebbene sì! Quattordicesimo!) libro è proprio come lei: per il 99% simpatico, e assolutamente vicino al mio pensiero, per quell'1% restante, meno condivisibile.


"L'incredibile Urka", uscito lo scorso anno per la Mondadori, è costituito da una serie di monologhi della stessa Luciana, molto brevi, e riguardanti argomenti diversissimi tra loro: dichiarazioni sconvolgenti di famosi vip; invenzioni strampalate e inutili; scoperte scientifiche; ma anche accenni alla politica e alla religione.
Il commento dell'autrice, come possiamo immaginare, è sarcastico e pungente, senza mai sforare nella maleducazione, e sempre volto a fare sorridere chi legge.

La cosa impressionante-in senso positivo, si intende!- è che nell'arco dell'intera lettura, immaginerete esattamente la voce dell'autrice dire quelle stesse cose che state leggendo.
L'idea del monologo vi accompagnerà dalla prima all'ultima pagina!

Insomma, è chiaro che "l'incredibile Urka" sia un libro piacevole, certo senza troppe pretese, ma leggero e divertente, ideale per staccare un po'.

Certo, bisogna conoscere un po' Lucianina e i suoi modi di dire per capire tutto tutto. Ma credo che tutti sappiate a cosa si riferisca quando parla del Walter o della Iolanda...
E se non lo sapete, beh, è ora di recuperare almeno qualche suo video su youtube!
G.

giovedì 15 ottobre 2015

Serie tv: E' arrivata la felicità

Dopo due puntate, lo dico senza troppi giri di parole: Adoro è arrivata la felicità.
Adoro ogni singolo personaggio della serie, adoro la comicità creata dalla situazione, adoro la regia, e adoro la sceneggiatura.

Orlando (C. Santamaria) padre single di due figli, è disperato per via dell'abbandono, avvenuto sei mesi prima, della moglie che ancora ama.
Angelica (C. Pandolfi), vedova e mamma di due gemelle, sta per sposarsi e si rivolge proprio ad Orlando per la restaurazione della casa in cui andrà a vivere successivamente.
I due, dopo un inizio burrascoso, diventano amici e fanno un patto: Grazie all'aiuto di Angelica, Orlando riprenderà in mano la sua vita, in cambio, imparerà a ballare e farà con lei una gara di tango a cui tiene molto.
Questo il succo del discorso, ma intorno ai due protagonisti, si muovono una serie di personaggi secondari, ma non per questo mal caratterizzati.
C'è la sorella di Angelica, Valeria (Giulia Bevilacqua), lesbica e per questo non accettata dalla madre, una Lunetta Savino che veste i panni di una donna bigotta e all'antica. Ci sono i genitori di Angelica e Valeria, Giovanna e Giuseppe (Ninetto Davoli), che si occupano di una pasticceria.
C'è Nunzia (Simona Tabasco), segretaria neoassunta, perfetta nei panni della ragazza che deve affrontare la giungla della nuova città, e del nuovo lavoro. Per ora, la mia preferita.
E poi c'è la famiglia di Orlando: il fratello, e collega, Pietro (Alessandro Roja), la compagna (Myriam Catania), i genitori (Edwige Fenech e Massimo Wertmuller), altolocati e sempre in prima linea quando si parla di ideali ed ecologia.
Poi ci sono i giovanissimi: le gemelle sono una l'opposto dell'altra. Se Laura (Greta Berti) è buona e gentile con tutti, Bea (Giorgia Berti) è egoista e menefreghista; i figli di Orlando, invece, sono Pigi, bambino di otto anni assennato e maturo (interpretato da Francesco Mura) e il maggiore Umberto (Andrea Lintozzi Senneca), un "giovane già vecchio".

Apprezzatissimi i nomi prestati dal mondo della letteratura: Oltre ai riconoscibilissimi Orlando e Angelica, un omaggio alle donne cantate da Petrarca e Dante viene fatto con la scelta dei nomi delle gemelle.

Poco vista, e piacevole, l'idea di far raccontare la storia ai due protagonisti, che intervallano le vicende con le loro parole e i loro giudizi, parlando del passato come di un grandissimo errore.

Davvero favolose regia e sceneggiatura, che fanno ridere di gusto, e raramente capita con una serie tv "all'italiana". Basta poco per caratterizzare i personaggi e amarli, anche coi loro difetti peggiori. Basti pensare alle "cattivissime" nonne, una omofoba, l'altra solo all'apparenza profonda e attenta ai problemi del sociale, ma in realtà superficiale.
Ci voleva proprio!

L'unico difetto? Finisce troppo presto!
G.

Veronica Mars-il film

Il film riguarda Veronica Mars, protagonista dell’omonima serie televisiva.



Ieri per la prima volta è stato trasmesso in chiaro dalla tv italiana. Uscito nel 2014, il film è stato interamente finanziato dai fan della serie tramite il sito crowdfunding kickstarter. Grazie al record di finanziamenti ottenuti, Rob Thomas, produttore e regista della serie e del film, è riuscito ad ingaggiare la maggior parte dei vecchi protagonisti e ad inserire un divertente cameo di James Franco.

La storia è raccontata nel futuro circa dieci anni dopo dagli eventi di fine serie creando un collegamento con la stessa, l’inizio infatti ripercorre le tre stagioni raccontate in prima persona dalla protagonista.

Veronica (Kristen Bell), dopo aver lasciato l’Hearst College si laurea in legge alla Stanford ed è un avvocato che vive a New York con Piz (Chris Lowell). È costretta a tornare a Neptune quando Logan (Jason Dohring), il suo ex fidanzato, viene accusato dell’omicidio della sua ragazza, la cantante Bonnie DeVille e ovviamente Veronica metterà a disposizione tutte le sue doti investigative per risalire alla verità.

La trama nonostante non abbia nulla di particolarmente originale, richiama in tutto e per tutto la serie: abbiamo il mistero da risolvere, la vecchia Veronica in azione con tanto di borsa di pelle e macchinetta fotografica rispolverate da un vecchio baule, i vecchi amici e, ovviamente “l’epicità” di Logan e Veronica insieme ancora una volta.

Dopo ben sette anni dalla fine della serie, la cosa più bella è stata proprio rivedere tutti i vecchi personaggi e come sono diventate le loro vite; Veronica in primis che è diventata un avvocato, Logan è un membro dell’aereonautica militare, rivediamo i suoi migliori amici Mac (Tina Majorino), che ora lavora nell’azienda dei Kane e Wallace (Percy Daggs III) che è un’insegnante, il padre di Veronica, Keith (Enrico Colantoni), che ha ancora il suo lavoro da detective privato e poi altri come Dick Casablanca (Ryan Hansen), Weevil (Francis Capra), Leo (Max Greenfield), Vinnie Van Lowe (Ken Marino) ecc…

Inutile dire che alla fine il posto di Veronica è e sempre sarà Neptune, l’investigazione e Logan anche se il finale non sia una vera e propria conclusione definitiva…infatti pare siano in trattativa nuovi episodi o addirittura un nuovo film…per ora ci accontentiamo e ovviamente per un vero fan della serie questo è un film da non perdere!!

F.


mercoledì 14 ottobre 2015

Suburra

Corruzione. Tradimento. Odio. Violenza. Morte. Dipendenza. Sangue. Legame. Scambio. Prostituzione. Illegalità. Sangue.
Queste e forse altre mille le parole chiave dell'ultimo film di Stefano Sollima -uscito oggi- Suburra.

Bisognerebbe innanzitutto partire dal titolo: la Suburra, sin dai tempi più antichi, è la parte marcia di Roma. Il suo cuore nero, dove i giri più loschi nascono e crescono.
E nel film di Sollima di giri loschi ce ne sono parecchi. Coinvolgono la scena politica, la Chiesa, i rapporti tra Stato e malavita, e quelli tra bande criminali.
Tutto il film è fatto di  dialoghi e scene violente che ben rappresentano la zozzeria che il regista aveva promesso sarebbe venuta a galla.
Intrighi, giochi di potere, rapporti tutti incentrati sul principio sempre valido del do ut des sono i veri protagonisti.
Sì, perché dei personaggi in certi casi nemmeno conosciamo il nome, o magari questo nome viene pronunciato così, per caso, senza che ci serva veramente.
Per riconoscerli è usata una serrata simbologia: un tatuaggio, un ciondolo, una tonaca, un soprannome.

In tutto il film non c'è un vero personaggio positivo: i protagonisti sono tutti antagonisti tra loro,  e nel loro essere, preso singolarmente, rappresentano degli antieroi.
Il detto mors tua, vita mea è qui pienamente realizzato: pur di salvare se stessi si è disposti davvero a tutto.

La recitazione dei vari personaggi è ottima.
Brilla, su tutti, Elio Germano, nei panni di un uomo viscido e infido.
Impossibile non citare Pierfrancesco Favino, corrotto fino al midollo e sporco sfruttatore del suo potere politico pur di salvare la sua faccia.
Impeccabili anche Claudio Amendola e Greta Scarano, gli unici due personaggi che si concedono ad alcuni attimi di tenerezza.
Grandissima anche l'interpretazione di quelli che forse sono i volti meno noti: Alessandro Borghi e Adamo Dionisi, che ci regalano attimi di grande tensione.

Accanto a questi antieroi ci sono poi due fondamentali presenze: una, come hanno più volte sottolineato anche gli interpreti ed il regista, è la pioggia.
La pioggia scende violenta su Roma e sui suoi movimenti.
Lava e copre i peccatori, ma non ne elimina le colpe. Rende la vista più offuscata, il paesaggio meno nitido, ma non impedisce di farsi vendetta.
L'altra è la colonna sonora. Le musiche originali, di Gianluca Misiti, accompagnano lo spettatore in questo viaggio noir, ponendo l'accento sui momenti di massima tensione.

Stupenda la fotografia, l'immagine della ruggine che viene fuori dopo un sottile strato di smalto, è colta alla perfezione.

Da tempo, devo dire, non mi capitava di tenere gli occhi chiusi durante le scene di violenza fisica. E' successo, stasera, di fronte a questa pellicola che in alcuni tratti genera uno stato di agitazione non indifferente.
La sua durezza, la sua rappresentazione così cruda, sono davvero il punto di forza dell'intera pellicola.

Ora attendiamo la serie tv tratta da questo film, la prima ad essere distribuita in Italia da Netflix.
G.

venerdì 9 ottobre 2015

Città di carta

La storia inizia all'arrivo di Margo nel quartiere di Quentin. I due, di sette anni, fanno da subito amicizia e passano assieme le loro giornate.


La storia riprende quando i due sono diciottenni.
Hanno ormai i volti di Nat Wolff e Cara Delevigne.
A causa dei loro caratteri molto diversi, i due si sono allontanati nel corso del tempo: Quentin è un ragazzo prudente, che pensa al suo futuro dopo la scuola; Margo, dopo un'infanzia piena di esperienze, continua a vivere a pieno le sue giornate, cogliendo ogni occasione le capiti sottomano. Da sempre è solita allontanarsi per vivere nuove avventure, e lasciare indizi in giro, indizi che possono essere decifrati solo dalle persone a cui realmente tiene.

Una sera si intrufola a casa di Quentin: le serve un autista per scappare di fronte alla vendetta che quella stessa notte vuole perpetrare nei confronti dell'ex fidanzata che l'ha tradita, e dei complici che l'hanno coperto.

Dalla mattina successiva, Margo non si trova più: a scuola i ragazzi si interrogano su quale incredibile e misteriosa avventura stia vivendo; i genitori stessi non sono preoccupati, visto che sono abituati ai colpi di testa della figlia, che sicuramente tornerà presto a casa.

Ma Quentin inizia a trovare degli indizi, e convinto che Margo voglia farsi trovare da lui, inizia a seguirli per raggiungerla.


Il film è tratto dall'omonimo libro di John Green, che oltre ad essere autore del soggetto ne è anche produttore esecutivo.
La regia di Jake Schreier punta sicuramente a colpire un pubblico giovane, e lo fa abilmente.
Le inquadrature sono quelle tipiche di tutti i teen-movies e delle serie tv più moderne: Si prediligono le scene di azione e rari sono i piani sequenza.
Allo stesso modo, la sceneggiatura imita il linguaggio dei più giovani, non solo con le parole, ma anche con le giuste pause.
I personaggi secondari sono ben caratterizzati, e risultano particolarmente simpatici i due amici di Quentin, che lo accompagneranno in parte della ricerca.
Ottima la scelta della colonna sonora, molto coinvolgente.
Buoni anche i costumi ed il trucco.

In definitiva, un film giovanile, che attraversa comunque la profondità degli adolescenti, delle loro ansie e delle loro paure in maniera piuttosto originale -ma non ancora abbastanza rivoluzionaria, secondo me- rispetto alle solite commedie.
G.

giovedì 8 ottobre 2015

An american crime

Quella che viene rivisitata è la drammatica vicenda vissuta dalle sorelle Sylvia e Jennie Likens, lasciate, per moti vi di lavoro, dai loro genitori per qualche mese in casa di Gertrude Baniszewsky, donna che ha torturato e abusato della giovanissima Sylvia fino alla morte.
Siamo negli anni '60 e Gertrude (C.Keener) è una donna sola, madre di sei figli, fortemente depressa ed in grave ristrettezza economica.
Dopo aver conosciuto i coniugi Likens, ne accoglie la proposta: in cambio di un assegno di venti dollari settimanali, si prenderà cura delle loro due ragazze, mentre loro saranno fuori per lavoro (sono giostrai, e hanno passato gli ultimi anni sballottando le ragazze da una città all'altra).
Se all'inizio le cose sembrano andare bene, presto per la piccola Sylvia (E.Page) inizia un incubo: accusata di aver messo in giro la voce (peraltro vera) che Paula, una delle figlie di Geltrude, è incinta, viene costretta a sevizie e continue punizioni corporali, oltre che umiliazioni psicologiche.
Sylvia sarà rinchiusa in una cantina e torturata dalla donna, oltre che dai suoi figli e da alcuni compagni di scuola. Sembrerà a tutti che ciò sia normale, perché per fare giustizia Sylvia deve imparare la lezione.  E se anche qualcuno avrà qualche dubbio, finirà con l'assecondare la follia della Baniszewsky per evitare ritorsioni.

Il film è realmente disturbante: ci pesa la sofferenza di Sylvia e ogni volta che lei urla ed implora pietà, ammetto di aver chiuso gli occhi.

La recitazione è davvero buona, da un lato c'è il disagio psichico della Keener, che ha gli occhi iniettati di odio e con un solo sguardo incute timore; dall'altro l'innocenza della Page, che è una vittima senza colpe, costretta a subire e a non vedere via di fuga.
I colori, sono lo specchio di quello che si prova: in cantina sono molto cupi; la luce è quasi assente; nel mondo fuori dal luogo di tortura, invece, tra parchi, abiti colorati, pettinature alla moda, si respira tutta un'altra aria.
Interessante anche la sceneggiatura, fatta dalle affermazioni morbose di Gertrude e dalle suppliche di Sylvia.
Due mondi opposti che si confrontano su un ring in cui è impossibile vincere.

Apprendiamo che molti dettagli siano stati desunti dalle carte del processo in cui è stata coinvolta la famiglia Baniszewsky dopo il tragico epilogo.
Il film è piuttosto aderente alla realtà, e questo, certamente, fa ancora più male.
G.

martedì 6 ottobre 2015

Padri e Figlie

"Padri e figlie" è il titolo che Jake Davis (R. Crowe) da al romanzo col quale ottiene maggiore successo.

Sviluppandosi su due piani temporali diversi,il film narra della crescita della figlia di Jake -scrittore che è altalenante tra libri di successo e flop totali-Katie, impersonata da Kylie Rogers da bambina; da Amanda Seyfried da adulta.
Katie perde la mamma nel 1989, durante un tremendo incidente stradale. Vittima dell'incidente sarà pure il padre, che mai si riprenderà dal trauma e sarà affetto da disturbi psichici tali da rendergli difficile crescere una figlia così piccola da solo.
Cercheranno di approfittare della situazione i cognati, che faranno di tutto per ottenere l'adozione di Katie.
Con continui passaggi tra il passato e il presente, scopriamo che venticinque anni dopo l'incidente, Katie è un'assistente sociale profondamente turbata dalla sua infanzia, che cerca di riempire il vuoto dentro di sé con alcool e sesso.
Sarà l'incontro con l'aspirante scrittore Cameron (A. Paul) a ridare luce alla sua vita...

Il film vede la regia di Gabriele Muccino, che ci ha abituati a capolavori forse troppo iconici (Sette anime; La ricerca della felicità), tanto iconici che da quest'ultimo lavoro si rimane purtroppo con l'amaro in bocca.
Però la responsabilità non è affatto del regista, anzi.
Il film è esteticamente perfetto: è appagante per la vista, e questo è chiaramente merito di un lavoro certosino, fatto da più elementi: regia, fotografia, scenografia, costumi sono degni di lode.
Coinvolgente è anche la colonna sonora, che vede la firma di P. Buonvino, già precedentemente collaboratore di Muccino (sue le musiche di L'ultimo bacio e Baciami ancora, oltre che di numerosi film e serie di successo).
Purtroppo una pecca evidente è la canzone di Jovanotti che si sente per alcuni secondi, decisamente una scelta poco realistica, forse più guidata dall'affetto che lega il cantante a Muccino, piuttosto che a reali esigenze.

Grandiose anche le interpretazioni dei personaggi.
Crowe ha un fisico imponente, si fa in quattro pur di mettere da parte la malattia, senza riuscirci.
La sua fisicità e la sua fragilità si compenetrano, ed è proprio il suo modo così fisico di recitare a renderci partecipi delle sue emozioni, delle sue paure, delle sue stesse convulsioni.
Un'altra conferma è la Seyfried, ma la vera rivelazione è la piccola Kylie Rogers, in grado di commuovere e di far provare una tenerezza materna a tutto il pubblico.

Il vero problema della pellicola è la sceneggiatura, a tratti vuota, spesso banale e quasi slegata dalle emozioni che si vedono sullo schermo.
Un vero peccato, perché per colpa di dialoghi quasi casuali si perde tanta intensità che invece è palpabile se ci si concentra semplicemente sugli sguardi degli attori...e su quelli della platea.
G,

giovedì 1 ottobre 2015

Sicario

Sicario è l'ultimo film che presenta la firma alla regia di Denis Villeneuve.
Il thriller presenta una buona trama: l'agente dell' FBI Kate Macer (E. Blunt), dopo un'operazione piuttosto complicata, viene arruolata in Messico per combattere contro i pericoli del narcotraffico.
Da idealista e ligia al dovere, si troverà gettata in luoghi e operazioni in cui la legalità lascia il tempo che trova, essendo così costretta a mettere in discussione l'etica professionale pur di raggiungere il suo scopo.

Insomma un soggetto davvero interessante, soprattutto considerando che all'inizio del film ci viene spiegato quando si iniziò a usare la parola sicario, lasciandoci sin da subito percepire che c'è qualcosa alle spalle di uno dei protagonisti che deve essere rivelata e che potrebbe spostare la linea che divide il giusto e lo sbagliato.

Purtroppo però il film non rende veramente, e ben poco si salva.
La sceneggiatura è vuota e banale.
Costellata di frasi fatte, priva di dialoghi interessanti, assolutamente poco attenta a creare un alone di suspence.

La regia e la fotografia mi hanno delusa.
Si sarebbero potuti creare contrasti molto più intensi tra le scene di interno e quelle di esterno; si sarebbe potuta fare maggiore attenzione alla scelta dei colori e della saturazione; e poi la scena sul finale, girata come se anche gli spettatori fossero dotati di strumenti per la visione notturna, è davvero poco interessante.

Non troppo buona nemmeno la caratterizzazione dei diversi personaggi (e c'è da dire che, benché ovviamente le squadre di militari sul posto siano molto numerose, i veri protagonisti sono quattro!), che vengono abbozzati e non lasciano nulla di sé.

Non mi ha entusiasmata neppure Emily Blunt, che, però, devo dire, non seguo molto.

Le uniche tre cose davvero apprezzabili del film sono, dunque:

-La colonna sonora: creatrice di suspence, fortunatamente, evita i colpi di noia dovuti da uno svolgimento banale e poco empatico.

-La resa recitativa di Benicio del Toro e di Josh Brolin: diranno pochissime battute, ma con un solo sguardo pietrificano la sala. La loro recitazione, decisamente fisica, merita il prezzo del biglietto.

-Il senso di spaesamento: questa è la cosa più importante. Come la povera Kate, noi spettatori capiamo la situazione poco a poco, passo dopo passo. Penso sia la vera chicca del film, l'unica.
C'è reale identificazione nello smarrimento provato dalla protagonista, costretta a rivedere le sue priorità e il suo "stile lavorativo".


Sono rimasta delusa soprattutto dal fatto che la critica e il pubblico hanno invece apprezzato molto questo film, per la sua capacità di dimostrare che i buoni non sono sempre buoni.
Mi sembra un'idea già elaborata in numerosissime opere, cinematografiche ma anche teatrali e letterarie. Non una novità che possa davvero far passare questa pellicola per un capolavoro.


G.

mercoledì 30 settembre 2015

Serie tv: Chasing Life

Ho deciso di iniziare a seguire questa serie tv principalmente perché ero curiosa di vedere Italia Ricci nei panni della protagonista e anche per la magnifica pubblicità che Robbie Amell (suo futuro marito e una delle metà di Firestorm nella serie tv The Flash! ) faceva continuamente su twitter! Devo dire che una serie così intensa, triste e molto riflessiva non l’avevo mai vista…



È basata sulla serie messicana Terminales. Viene trasmessa dalla ABC family e da poco si è conclusa la seconda stagione. In Italia, mediaset premium ha iniziato a mandare in onda la prima stagione il 4 Settembre di questo anno mentre la seconda è ancora inedita. La consiglio assolutamente…e consiglio anche di tenere con sé un scorta di fazzoletti perché in alcuni momenti, anzi spesso, è molto triste e trattenere le lacrime è impossibile!

La storia è quella di una ragazza di 24 anni, April Carver (Italia Ricci),che lavora come giornalista per il Boston Post e vive con la madre Sara (Mary Page Keller), la sorella Brenna (Haley Ramm) e la nonna Emma (Rebecca Schull) …come la sua vita comincia ad andare nella direzione giusta (ha una promozione, frequenta Dominic-un suo collega ecc…), tutto cambia…le viene diagnosticata la leucemia.

Questa è in breve la trama generale della serie.

Da questo momento ci saranno spoiler sparsi un pò ovunque quindi se non volete rovinarvi la visione di questo telefilm non leggete oltre.

She’s a stubborn, smart, ambitious girl who just wants happiness and success in her career and love, everything that most people want” (Lei è una ragazza testarda, intelligente, ambiziosa che vuole solo felicità e successo nella sua carriera e in amore, tutto quello che la maggior parte delle persone vogliono)__con queste parole Italia descrive il suo personaggio ed io non posso non essere d’accordo con lei. Ci dimostra quanto sia difficile convivere con il cancro ma anche quanto forte e coraggiosa si dimostra continuando nonostante la malattia a lavorare, a cercare di farsi un futuro e vivere la sua vita aiutata dalla sua migliore amica Beth (Aisha Dee), l’unica a sapere all’inizio, e poi anche dalla famiglia…tutto questo, complice anche il suo lavoro come reporter della campagna politica di Bruce Hendrie, la porta a conoscere Leo Hendrie (Scott Michael Foster), figlio del candidato a governatore, anche lui malato di cancro. April e Leo vengono presentati come due persone molto diverse, lei più stabile e proiettata nel futuro e lui più spericolato e fermo nel presente, ma entrambi condividono la malattia e tutto ciò che comporta…il rapporto tra i due cambia nel tempo ed entrambi cambiano anche i loro modi di vedere le cose influenzandosi l’un l’altro: April capisce che la sua vita è in pericolo e cerca di viverla giorno per giorno e Leo prende coraggio e affronta l’operazione al cervello che non voleva fare per rimuovere il tumore…dopo quattro mesi di coma in cui April gli è stata accanto sempre, Leo torna a casa e anche April è in remissione dalla sua leucemia… i due cominciano una storia ed è un periodo felice per entrambi ed April riesce anche a incontrare Natalie (Jessica Meraz ), la sorella segreta…ad un certo punto si ripresenta il cancro per April ma stavolta in una forma più grave.

È interessante come la malattia di April e i segreti del padre abbiano determinato diversi cambiamenti nella famiglia Carver ma nonostante questo tutti continuano le loro vite con normalità…l’unico appunto negativo che mi sento di fare è: era proprio necessaria la morte di Leo?!? Considerando che era guarito e che si erano appena sposati è stato un colpo di scena davvero imprevedibile in quel momento…mancherà moltissimo il suo personaggio nella serie.

La fine della stagione ci lascia con molte questioni aperte per cui spero in una terza dal momento che ancora non si sa se sia rinnovata o meno…in ogni caso è una serie da seguire assolutamente!

F.

martedì 29 settembre 2015

Che cosa aspettarsi quando si aspetta

Due ore di film, per la solita commedia a stelle e strisce mi sembrano tantine.
E in effetti lo sono, visto che comunque il film non porta a niente.

Certo è che non mi aspettavo un capolavoro, ma nemmeno una pellicola noiosa e prevedibile.
Come suggerisce il titolo, il film tratta del tema della gravidanza (e dell'adozione), e di come cambia la vita dei futuri genitori durante il periodo della gravidanza.
Il film è corale: protagoniste sono coppie molto diverse tra loro, per età, classe sociale, maggiore o minore desiderio di avere un figlio.
Accanto a queste sei coppie alle prese con le novità che l'arrivo di un pargolo comporta, ci sono poi altre figure secondarie: colleghi, amici, coinquilini, che in alcuni momenti "rubano" la scena a donne incinte, spose che si danno da fare per l'adozione, e relativi compagni.
Potrebbe essere simpatico vedere come personalità così tanto diverse tra loro affrontano un evento che le vede vicine, purtroppo non è così.

Il film resta davvero banale e scontato, sia nel finale sia nello stesso corso d'opera.
La sceneggiatura è piatta, e non prevede particolari colpi di scena.
Anche nei momenti più drammatici, non proviamo grande empatia col personaggio, colpa da un lato di una colonna sonora noiosa, dall'altro dal fatto che il grandissimo numero di personaggi che ci vengono presentati ci impedisce di identificarci davvero in qualcuno.
Pure la regia, firmata da Kirk Jones (delusione inaspettata: ho davvero adorato il suo lavoro precedente, "Stanno tutti bene", e mi era piaciuto anche "Nanny McPhee"), lascia un po' spiazzati in quanto a banalità.
Sicuramente si poteva lavorare meglio sui "punti di incontro" tra i vari personaggi, mentre tutto sembra essere quasi lasciato al caso.
Un vero peccato, questo, perché rendere più interessanti i legami che riunivano tra loro le diverse coppie, avrebbe favorito, secondo me, una maggiore identificazione da parte del pubblico.

Gli unici due punti a favore dell'intera pellicola sono la scelta degli attori e il doppiaggio nella versione italiana.
Sono stati scelti interpreti molto bravi, quali Cameron Diaz, Jennifer Lopez (benchè per questo film fu nominata ai Razzie Awards come peggior attrice non protagonista), Anna Kendrick, Rebel Wilson, Ben Falcone, Chace Crawford, Matthew Morrison...
Anche il doppiaggio nella nostra versione è davvero ben riuscito, ma purtroppo questo non è sufficiente a salvare il film.

Infine, ricordiamo, la pellicola è tratta dalla guida "What to expect when you're expecing", che da il titolo al film in lingua originale, scritta da Sharon Mazel e Heidi Murkoff.
G.