martedì 6 ottobre 2015

Padri e Figlie

"Padri e figlie" è il titolo che Jake Davis (R. Crowe) da al romanzo col quale ottiene maggiore successo.

Sviluppandosi su due piani temporali diversi,il film narra della crescita della figlia di Jake -scrittore che è altalenante tra libri di successo e flop totali-Katie, impersonata da Kylie Rogers da bambina; da Amanda Seyfried da adulta.
Katie perde la mamma nel 1989, durante un tremendo incidente stradale. Vittima dell'incidente sarà pure il padre, che mai si riprenderà dal trauma e sarà affetto da disturbi psichici tali da rendergli difficile crescere una figlia così piccola da solo.
Cercheranno di approfittare della situazione i cognati, che faranno di tutto per ottenere l'adozione di Katie.
Con continui passaggi tra il passato e il presente, scopriamo che venticinque anni dopo l'incidente, Katie è un'assistente sociale profondamente turbata dalla sua infanzia, che cerca di riempire il vuoto dentro di sé con alcool e sesso.
Sarà l'incontro con l'aspirante scrittore Cameron (A. Paul) a ridare luce alla sua vita...

Il film vede la regia di Gabriele Muccino, che ci ha abituati a capolavori forse troppo iconici (Sette anime; La ricerca della felicità), tanto iconici che da quest'ultimo lavoro si rimane purtroppo con l'amaro in bocca.
Però la responsabilità non è affatto del regista, anzi.
Il film è esteticamente perfetto: è appagante per la vista, e questo è chiaramente merito di un lavoro certosino, fatto da più elementi: regia, fotografia, scenografia, costumi sono degni di lode.
Coinvolgente è anche la colonna sonora, che vede la firma di P. Buonvino, già precedentemente collaboratore di Muccino (sue le musiche di L'ultimo bacio e Baciami ancora, oltre che di numerosi film e serie di successo).
Purtroppo una pecca evidente è la canzone di Jovanotti che si sente per alcuni secondi, decisamente una scelta poco realistica, forse più guidata dall'affetto che lega il cantante a Muccino, piuttosto che a reali esigenze.

Grandiose anche le interpretazioni dei personaggi.
Crowe ha un fisico imponente, si fa in quattro pur di mettere da parte la malattia, senza riuscirci.
La sua fisicità e la sua fragilità si compenetrano, ed è proprio il suo modo così fisico di recitare a renderci partecipi delle sue emozioni, delle sue paure, delle sue stesse convulsioni.
Un'altra conferma è la Seyfried, ma la vera rivelazione è la piccola Kylie Rogers, in grado di commuovere e di far provare una tenerezza materna a tutto il pubblico.

Il vero problema della pellicola è la sceneggiatura, a tratti vuota, spesso banale e quasi slegata dalle emozioni che si vedono sullo schermo.
Un vero peccato, perché per colpa di dialoghi quasi casuali si perde tanta intensità che invece è palpabile se ci si concentra semplicemente sugli sguardi degli attori...e su quelli della platea.
G,

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