venerdì 31 luglio 2015

Focus on...JK ROWLING!

Tanti Auguri a JK Rowling che oggi, 31 Luglio, compie 50 anni!!


Noi la conosciamo come la donna che ha dato vita al maghetto più famoso del mondo e che ci ha insegnato il valore dell’amicizia, del coraggio e, soprattutto che non bisogna mai arrendersi!!

Ma cosa sappiamo veramente di lei?…Joanne nasce a Yate, una cittadina del Gloucestershire, in Inghilterra; fin da bambina dimostra di avere una grande fantasia e di essere molto brava a scrivere, infatti già a 6 anni scrisse la storia di Rabbit, un coniglio malato di morbillo e a 12 anni scrisse il suo primo romanzo.

L’infanzia e l’adolescenza sono i due periodi più importanti per la sua crescita artistica, è in questo momento che incontra, conosce e fa esperienza di persone e cose che noi ritroviamo nei suoi libri.
La sua vita non è stata sempre facile  e per arrivare dov’è ora si è dovuta sacrificare e trovare il coraggio di non mollare mai, basti pensare che quel maghetto, che l’ha resa famosa tanto da essere quasi la donna più ricca del Regno Unito, fu rifiutato da ben 12 case editrici prima di essere pubblicato nel 1997.


Ma non c’è solo Harry Potter…dal 2012 al 2014 pubblica altri tre romanzi completamente indipendenti: Il seggio vacante (The Casual Vacancy), Il richiamo del cuculo (The Cuckoo's Calling) e Il baco da seta (The Silkworm) , gli ultimi due sotto lo pseudonimo di Robert Galbraith.


Inoltre  è anche molto attiva nella beneficenza,  tra le varie associazioni supporta la Multiple Sclerosis Society ed è presidentessa della National Council for One Parent Families, un'associazione caritatevole che si occupa di genitori single.

F.

Fabi-Silvestri-Gazzè:Rock in Roma 30 Luglio 2015

Questo post sarà un po' diverso.
Non si parlerà di una serie, un attore, o un regista.
Non sarò oggettiva.
Non cercherò di indagare le motivazioni di certe scelte fotografiche o registiche.
Insomma, non scriverò con la testa, ma solo col cuore.



Ieri pomeriggio Roma ci accoglie coi suoi trenta gradi e la sua afa da asfalto nero.
 Poi, decide sia giunto il momento di un bel temporale estivo, e ci bagna di pioggia sottile e polvere.
Ma Roma è una madre benevola, e dopo un pomeriggio di corse all'ombrello, file distruttive, caldo e pioggia, apprezza lo sforzo di noi resistenti a tutto e ci apre le porte di un cielo limpido e fresco.
L'attesa prima di un concerto è qualcosa di tremendamente eccitante. Ti esalta sapere che non sai bene cosa ti aspetta, ma allo stesso tempo hai la certezza di non rimanere deluso.
Anche se i polpacci iniziano a vacillare, i piedi a far male, le spalle -su cui poggiano pesanti borse- a cedere.

Ma alle 21:50, quando tutto diventa scuro e i brividi sulla schiena cominciano a salire, escono loro:
Niccolò Fabi, Daniele Silvestri, Max Gazzè.
Da venti anni, questi uomini speciali, dalle anime colorate di sfumature percepibili a pochi, suonano e cantano capolavori della musica italiana.
La loro inconfondibile penna, così come quella di altri grandi artisti, nasce ne Il Locale.
Ora potrei fare battute scontate sul fatto che tale Locale si trovasse proprio in via del Fico... ma mi tratterrò.
Dicevamo, l'inconfondibile penna. Sì, perché se sono autori (o coautori, insieme a personaggi come Sinigallia o Francesco Gazzè) di sicuro quello che nascerà sarà qualcosa di speciale.
Ecco. Per chi da anni si bea delle loro melodie prese singolarmente, un concerto a tre è davvero una festa nel cuore.
Specialmente dal momento che questi tre grandi artisti ci deliziano coi loro successi per tre piacevolissime ore.
Sono ottimi padroni di casa. Giocosi, liberi, uniti.
 Divertenti e divertiti, ti fanno dimenticare la stanchezza, le ore di fila, la sete.
Sono lì, e sono un tutt'uno con te, semplice spettatore a cui a tratti trema la voce... Più spesso il cuore.



Spaziano tra quelle canzoni che ti riportano indietro negli anni, come l'autostrada o la sempreverde capelli, quasi maggiorenne; aggiungono alle loro canzoni da singoli, le nuove uscite, nate dalla loro collaborazione dell'ultimo anno; fanno medley dei più grandi successi.
Si sfidano. Ne escono vincitori.
Noi, invece, ne usciamo arricchiti. Come dopo una boccata d'aria a pieni polmoni.
Ci lasciamo così, senza promesse. Con un futuro all'orizzonte fatto però di nuovi traguardi.
Chiudiamo a Roma questo splendido cerchio e questo splendido sodalizio, frutto di un'amicizia nata e mai finita.
Grazie di tutto.

G.

giovedì 30 luglio 2015

Focus on... GABRIELE SALVATORES!

I nostri migliori auguri a Gabriele Salvatores, che oggi compie sessantacinque anni, gli ultimi trenta dei quali trascorsi a riscrivere delle splendide pagine di cinema italiano.
Ripercorriamo la sua vita e la sua carriera!



Gabriele nasce a Napoli,ma inizia la sua carriera artistica a Milano, dove fonda nel 1972 il Teatro dell'Elfo, per il quale diresse diversi progetti. Risale al 1983 la sua prima regia cinematografica (Sogno di una notte d'estate, commedia musicale che non ebbe grande successo). Nel 1989 iniziano le collaborazioni con un gruppo di attori che rivedremo spesso nei suoi film: Abatantuono, Bentivoglio, Morante.
Con il primo girerà anche Mediterraneo, forse il film più noto, che gli valse  un premio Oscar come miglior film straniero (oltre che diversi David di Donatello ed un Nastro d'Argento).



Negli anni tra il 2000 ed il 2002 Salvatores si avvale della partecipazione di Sergio Rubini come protagonista per ben due progetti cinematografici: Denti tratto dal romanzo omonimo di Starnone e Amnèsia.
Del 2003 è un altro grande successo, Io non ho paura, basato sulle vicende narrate nel romanzo di Ammaniti. Grazie a quest'opera riceve una nuova nomination agli Oscar come miglior film straniero, ma non si aggiudica la statuetta, facendo invece incetta di premi italiani.
A qualche anno di distanza, Salvatores dirigerà anche Come Dio comanda, ancora una volta tratto da un romanzo di Ammaniti.
Nel frattempo è sempre sua la regia di Quo vadis baby? da cui sarà tratta un'omonima serie tv.
Dopo altri successi cinematografici, Salvatores si dedica ad un mastodontico progetto-documentario: Italy in a day, presentato lo scorso anno, fuori concorso, al Festival del cinema di Venezia.
Usando brevi contributi video di seicentoventisette italiani, Salvatores costruisce una splendida visuale di quelle che potrebbero essere ventiquattr'ore nel nostro paese.
Sempre nel 2014 esce Il ragazzo invisibile, storia di un supereroe certamente poco comune. Di questo film, che ha ottenuto molto successo, anche grazie agli splendidi effetti speciali, è previsto un sequel.
Auguri, Gabriele! Cento di questi giorni!

G.

martedì 28 luglio 2015

Tutti pazzi per Rose


Il film è una commedia francese del 2012.


Rose (D. Françoise) decide di abbandonare il posto di aiutante di suo padre in un alimentari per tentare la carriera di segretaria ed inseguire i sogni della donna moderna. Nel 1958, anno in cui è ambientato il film. è infatti difficile essere una ragazza senza dover per forza rinunciare alle proprie ambizioni.
Grazie ad un fortunato colloquio, Rose inizia a lavorare per  Louis Echard (R. Duris).
Rose sa bene che la sua unica competenza è quella di essere veloce a macchina: ha imparato per poter concentrarsi su qualcosa che le desse il meno tempo possibile per per rimuginare sulla sua vita. Rose ha perso la mamma, è una  ragazza emarginata, consapevole di non piacere a tutti, con un rapporto difficile col padre che l'ha promessa in sposa a un ragazzo che lei non ama, e che non vorrebbe vederla scappare dal nido.
Intuite le doti di dattilografa della sua segretaria, ancora troppo acerba per vincere gare (batte con sole due dita, è impacciata), il signor Echard decide di istruirla al meglio.
La ospita in casa sua, le insegna come battere con dieci dita, la costringe a prendere lezioni di pianoforte per poter apprendere al meglio il ritmo, le da una serie di piccoli consigli per evitare inutili perdite di tempo.
 Il suo allenamento, che impegna la ragazza tutte le sere, oltre che il fine settimana, però funziona, Rose vince la gara di velocità di Bassa Normandia, e diventa quasi una star, con poco gradimento da parte del padre lontano. Potrà così partecipare alle gare nazionali, che si svolgeranno a Parigi, e vinte quelle ottiene la qualificazione ai campionati mondiali, che si svolgeranno a New York.
Se durante i vari allenamenti viene definita anche l'evoluzione del rapporto tra i due protagonisti, che sembra avere una felice conclusione, col fidanzamento tra i due -che si piacciono praticamente da sempre, sebbene tutto dimostrerebbe il contrario- vediamo che dopo i campionati nazionali i due si lasciano.
Entrambi sono infelici: Rose prova a darsi alla vita mondana, ma senza reale piacere; è ormai una donna popolare, riceve lettere dai fan, dorme in lussuosi alberghi, sponsorizza macchine da scrivere.
Louis riprende a provinare le segretarie in base a criteri estetici e a frequentare vecchie storie d'amore.
Hanno forse entrambi bisogno di dare un'occhiata al loro passato, e a quello che erano? Evidentemente sì, e c'è un momento del film in cui questo si intuisce molto chiaramente.


La trama non è tra le più articolate che si siano mai viste, ma è comunque piacevole e mai stucchevole. Anche il finale della lovestory per quanto scontato, non è trattato in maniera troppo mielosa, e anzi ci lascia la possibilità di concentrarci su quella che è la reale trama del film: ce la farà Rose a vincere i mondiali? Che succederà dopo New York?




Perfetta la fotografia,splendidi i colori: pastello nella maggior parte del film, in simbiosi con la sceneggiatura tenue e gli animi dei personaggi; più decisi nelle scene di mondanità, scuri quando viene rappresentato il cambiamento, e quindi la rabbia di Louis.
Buona la regia, quasi d'altri tempi, in armonia anche questa con una sceneggiatura molto delicata.
Le interpretazioni dei personaggi sono molto buone: probabilmente avrete già visto Duris in diversi film francesi; l'attore, benché non ne abbia mai vinto uno, è stato candidato cinque volte ai César, mentre la François, nonostante la giovane età ha già diversi premi alle spalle.
Infine la colonna sonora: splendida, deliziosa, coinvolgente.

G.

lunedì 27 luglio 2015

Noi Siamo Infinito

Noi siamo infinito è l’adattamento cinematografico dell’omonimo libro scritto da Stephen Chbosky che è anche il regista. Dal titolo originale The perks of being a wallflower (tradotto letteralmente: i vantaggi dell’essere timidi) si comprende già di cosa tratta il film.



Nella Pittsburgh dei primi anni 90, Charlie (Logan Lerman) è il protagonista della storia che sta per iniziare il primo anno del liceo. È un ragazzo molto timido la cui vita è stata segnata dalla morte della zia Helen (Melanie Lynskey) e quella del suo unico amico che si è suicidato. Comincia così a scrivere delle lettere ad un amico confidandogli tutte le sue emozioni. La sua vita cambia, e con lei anche lo stesso Charlie, quando incontra Patrick (Ezra Miller) e Sam (Emma Watson), due fratellastri all’ultimo anno di scuola con la passione per l’arte, soprattutto la musica, non per altro la colonna sonora del film è eccezionale e molto importante dai The Smiths ai Beatles a David Bowie; la canzone Heroes di quest’ultimo fa anche da collante tra i tre ragazzi ed è la rappresentazione dei sentimenti, delle sensazioni che si provano quando si è adolescenti; è anche una specie di momento liberatorio quando, alla fine, i tre si ritrovano insieme ad attraversare di nuovo il tunnel con una consapevolezza diversa dalla prima volta, soprattutto per Charlie perché ha superato la cosa che più lo tormentava, quel terribile segreto che si portava dentro ma che aveva cancellato dalla sua memoria, e riesce finalmente a sentirsi forte insieme alle persone che ama.

 "E in questo momento, te lo giuro, noi siamo infinito". Charlie


La cosa che più mi ha stupito è l’ottima interpretazione di Emma Watson che, con questo film, si cimenta in qualcosa di molto diverso dall’essere l’Hermione di Harry Potter e dimostra di essere un’attrice molto versatile. Tutto il cast è per lo più composto da giovani attori e questo fa capire ancora di più che è rivolto ad un pubblico di una certa fascia di età, anche se lo consiglierei anche ad un pubblico adulto perché comunque ti fa immergere nella vita di questi ragazzi e in qualche modo ti fa rispecchiare in loro e ti fa rivivere quelle emozioni del periodo adolescenziale fatto di gioie, dolori e di prime volte… 

F.

domenica 26 luglio 2015

Focus on...KEVIN SPACEY!

Oggi compie gli anni un grandissimo personaggio: Kevin Spacey Fowler, da tutti conosciuto come Kevin Spacey.


Dopo un'infanzia turbolenta, Kevin si avvicina al mondo della recitazione grazie ai consigli dell'amico e collega Val Kilmer.
La notorietà non tarda ad arrivare: dopo aver recitato nell'Enrico VI di Papp, alternerà senza sosta cinema e teatro, destreggiandosi molto bene nei vari ruoli a lui proposti.
La critica è concorde nell'assegnare numerosi premi alla bravura di Spacey: nel 1991 vince un Tony Award (premio che celebra gli attori teatrali).
Il grande successo cinematografico non arriva dopo molto.
Come non ricordare la grande interpretazione ne I soliti sospetti , interpretazione che gli valse un primo Oscar nel 1996. Per questo ruolo ottenne anche una nomination ai Golden Globe, come miglior attore non protagonista, ma il premio fu assegnato a Brad Pitt.
La sua fama continuò a crescere, anche grazie a questo cult, ancora oggi considerato un caposaldo del cinema statunitense (basti pensare che Caparezza ne svela il finale in un suo noto pezzo, intitolato, per l'appunto Kevin Spacey).


K. Spacey ne I soliti sospetti


Sempre nel 1996 l'attore decide di esordire alla regia con Insoliti criminali film drammatico sulle disavventure di tre ladri sfortunati.
K. Spacey in American Beauty
L'anno successivo Spacey fonda una casa di produzione che dia luce ai giovani talenti del cinema.








Continua la sua carriera di attore, fino a ricevere il suo secondo Oscar, nel 2000, per American Beauty, film altamente iconico, spesso oggetto di successive citazioni cinematografiche. Per questo ruolo vincerà anche il prestigioso BAFTA, e diversi altri premi.
Nel 2004 firma una seconda regia, quella di  Beyond the Sea, di cui è anche sceneggiatore, biopic sul cantante Bobby Darin.
Nel 2006 lo ricordiamo per aver interpretato lo storico antagonista di Superman in Superman returns.
Oggi Spacey è protagonista (oltre che produttore) della serie tv House of Cards, remake dell'omonima miniserie inglese del 1990.
Nel 2015 riceve, grazie a questo ruolo, un Golden Globe.
Tra le sue attività ricordiamo anche quella di doppiatore di Jonathan Irons, al quale presta anche le fattezze oltre che la voce, per il videogioco Call of duty: Advanced Warfare. 
Spacey è inoltre direttore artistico del teatro londinese Old Vic dal 2003.


G.

E' arrivato nostro figlio

100% Cachemere, o E' arrivato nostro figlio, come è presente in Italia  è una commedia che non fa ridere.
La regia di V. Lemercier, ottima attrice francese, è veramente deludente, così come deludente è l'intera trama in sé.
Aleksandra, dopo diversi tentativi di gravidanza falliti, riesce, col marito Cyirille ad adottare un bambino.
La piccola peste, Aleksei, farà passare parecchi guai a mamma e papà, che tra parentesi nemmeno sono convinti sia il bambino che in passato era stato loro assegnato e di cui posseggono una fotografia.
Da qui, una serie di gag in cui Alecsandra mette a confronto foto e figlio, si chiede come mai sia così diverso da come se lo aspettavano, vuole avere il reale Aleksei, anche perchè il bambino che le hanno dato è il "meno carino di tutti". Aleksandra è convinta che il litigio con la responsabile delle adozioni sia la causa di questa tremenda punizione.
Si scoprirà mai la reale identità del bambino? No. 
Cyrille, marito affettuoso e perfetto, in realtà tradisce la moglie con una sua collega, che rimane incinta, ed è sicura che il padre non sia il suo reale fidanzato.
E' Cyrille, diciamo noi. E invece no, è un dj conosciuto durante una sfilata.
La presenza di questa donna, di questa sottotrama che occupa uno spazio breve nella commedia, ma che comunque è presente, è utile? No.
In realtà pare che anche Alecsandra abbia un amante, presente nei primi cinque secondi del film, e nel minuto finale, quando pubblica il libro sulle disavventure della stessa Alecsandra, "100% Cachemere", appunto.
Quest'altra sottotrama ha qualcosa di utile all'interno del film? No.
Così come inutile è l'inserimento del rapporto conflittuale tra Cyrille e sua sorella, di diciassette anni più piccola, gelosa del rapporto tra sua madre e suo fratello.
Anche la tata di Aleksei, una bugiarda innamorata di Cyrille, si vede solo per poco, e non riesce a far divertire quanto, secondo me, si vorrebbe.
Insomma, il film è ricco di personaggi non ben caratterizzati e che fanno fatica a rendersi riconoscibili agli occhi dello spettatore.
Per quanto riguarda le vicende della protagonista, dopo l'ennesima figuraccia, Aleksandra, che non ne può più di questo ragazzino maleducato e capriccioso decide di riportarlo all'orfanotrofio senza dire niente a nessuno.
Il film da questo momento è una corsa: in breve tempo, lei scopre di essere incinta, torna dal suo Alecsei, lo riporta a casa, partorisce e senza più fare nessun accenno a tutti gli altri personaggi che hanno popolato il film nei minuti precedenti, la storia si conclude con un lieto fine.
Un vero peccato, visto che il soggetto avrebbe potuto avere uno sviluppo ben diverso, e far davvero ridere e riflettere.

sabato 25 luglio 2015

Se Dio vuole

Esordio alla regia per Edoardo Falcone, sceneggiatore di punta del cinema italiano,  Se Dio vuole è una commedia italiana ancora presente in diverse sale.
Nel film a farla da protagonista è un nuovo tipo di scontro rispetto a quelli a cui siamo abituati: quello tra fede e razionalità.
Tommaso (M. Giallini) è un chirurgo di successo, ateo, puro razionalista, che dalla vita ha avuto tutto:una salda carriera, una bella casa a Prati, una moglie che ama, due figli con cui ha un buon rapporto.
La sua vita subisce un brusco cambiamento quando il figlio minore, Andrea (E. Oetiker) destinato ad intraprendere la carriera di medico, capisce che in realtà il suo futuro è in seminario.
Ad aver aperto gli occhi ad Andrea è don Pietro (A. Gassmann, molto convincente nel suo ruolo),un prete dal passato torbido e dai modi originali.
La notizia della vocazione di Andrea getta Tommaso nel panico, e lo porta a compiere gesti folli pur di rendersi davvero conto di chi sia questo prete, nei confronti del quale non nutre la minima fiducia.
Nel frattempo Tommaso rimane solo: Dai colleghi, così come dai pazienti, per il suo modo burbero non è mai stato apprezzato; a casa i rapporti con la moglie (L. Morante) non sono troppo buoni; e anche la figlia (I. Spada) si sente trascurata da lui.
Dalla frequentazione tra questo padre così concreto e questo prete così spirituale nascerà però una bella amicizia.


Don Pietro è un generoso e probabilmente, se siete un po' scettici, vi faranno pensare che se tutti i preti fossero così, voi in Chiesa ci tornereste volentieri.
E' di poche parole, non vi imbonirà con le sue prediche, vi conquisterà con i fatti.
Il finale non ve lo svelo. Vi consiglio assolutamente di vedere questo film, e sarebbe un vero peccato raccontare come va a finire.
Per quanto riguarda la regia: forse qualcosa si poteva migliorare. Di alcune scene forse non c'era realmente bisogno, e il film rallenta il suo ritmo.
Ma per essere un'opera prima, non c'è proprio nulla da rimproverarle, e ce lo dimostra il fatto che sia ancora in numerose sale italiane, oltre al fatto che abbia ricevuto diversi premi.
La sceneggiatura, firmata dallo stesso Falcone, in collaborazione con Martani è meravigliosa. Ma questo ce lo aspettavamo da un nome così potente della nostra commedia.
Fotografia e montaggio sono davvero molto gradevoli.
Finisco con qualche parola sull'interpretazione dei personaggi, anche se c'è davvero poco da dire. Ognuno, da chi ha solo qualche battuta, a chi è protagonista, è perfettamente calato nel suo ruolo. Tempi, sguardi, gestualità, toni: tutto è misurato alla perfezione.
Sicuramente dobbiamo aspettarci bei film che seguiranno a quest'esordio, già di grande successo presso critica e pubblico.
G.

venerdì 24 luglio 2015

L'ultima ruota del carro

"L'ultima ruota del carro" racconta la vita dell'Italia, tramite gli occhi di Ernesto, dagli anni '70 ai giorni nostri.
Sullo schermo passano gli eventi storici  più importanti della nostra storia: dal caso Moro, alla svolta politica di Berlusconi.
Nel mezzo, lo scorrere del tempo e le trasformazioni di un intero Paese. 
C'è il mito del posto fisso; c'è il lavoro in nero, che fa comodo, per le tasse, un po' meno per la mancanza di assicurazioni; c'è l'Italia che vince i mondiali; c'è il mondo patinato delle la nuova tecnologia, il computer pagato col leasing, i primi cellulari del duemila, le videochiamate...
Ma, su tutto, c'è la storia di Ernesto.
Ernesto (E. Germano) è l'ultima ruota del carro, sin da bambino.
Va male a scuola, non è bravo a pallone, è il semplice aiutante del papà tappezziere, ed è pure impacciato con le ragazze.
Ernesto però fa della sua ingenuità un grande pregio, e si distingue sin da giovane per la sua onestà.
Diventa così eroe del quotidiano, commovente per la sua goffaggine, per i suoi tentativi di stare sempre nel giusto, per non avere la furbizia di cui invece è dotato l'amico di sempre, Giacinto (R. Memphis), abilissimo nell'aggirare gli ostacoli e nel finire nei guai, anche seri.
Giacinto rincorre il futuro, le donne,le macchine e le moto.
Ernesto si accontenta del presente, della semplicità, della sincerità.
Accanto ad Ernesto c'è poi Angelina (A. Mastronardi), moglie fedele, donna rassicurante, pratica.
E un po' ingenua pure lei.
Ma l'ingenuità in questo film, non è sinonimo di debolezza, anzi. E' simbolo di una purezza d'animo che in questi tempi troppo spesso viene a mancare.
Il ritratto fatto di questi protagonisti non deve illudere lo spettatore che i personaggi siano inclini a una certa mollezza d'animo. Anzi, sono vitali, Ernesto prima di tutto, che affronta insicurezze e imprevisti con grande forza e determinazione.
Forse la sceneggiatura, in alcuni tratti volendo essere troppo originale, finisce per peccare di virtuosismo. Ma la regia ed il montaggio sono da lodare.
Splendido lavoro quello del trucco. Accompagniamo Germano e Memphis in circa trent'anni di vita e vediamo le prime rughe, i capelli che cadono, le occhiaie che si fanno più profonde, le mode che cambiano.
Emozionante la storia d'amore di Ernesto e Angelina, ma sopra ogni cosa... emozionante Elio Germano.
Il suo modo così spontaneo di recitare, così dolce e malinconico, così trasportante è la vera perla di tutto il film.
Anzi, no. La vera chicca è scoprire, ma solo dopo averlo visto, che la storia è vera.
Che quell'Ernesto ch ci ha fatto tenerezza è una persona reale, che ha visto e sentito davvero le cose che sono state condensate in appena un paio d'ore; che vive davvero a Roma con la moglie, che tifa davvero per i giallorossi, e che oggi fa l'autista per grandi nomi del cinema nostrano.

G.

giovedì 23 luglio 2015

Jurassic World




Dopo 22 anni, su Isla Nublar, vengono aperti i cancelli di Jurassic World, il sogno del miliardiario John Hammond di aprire al pubblico e al mondo intero un parco a tema sui dinosauri-ricreati geneticamente in laboratorio- diventa realtà e anche se non più in vita è comunque presente con una statua d’oro che lo omaggia all’interno della struttura. Protagonisti principali di questo nuovo capitolo sono Owen Grady (Chris Pratt) e Claire (Bryce Dallas Howard), il primo è l’addestratore di tre raptor, unico in grado di controllarli e la persona giusta per gestire la nuova creazione del dottor Wu (BD Wong) , lei si occupa della gestione del parco…Tutto ruota intorno alla caccia del nuovo esemplare di dinosauro, l’Indominus Rex, che è molto più letale e intelligente di qualsiasi altro poiché creato mischiando insieme diversi Dna animali, e alla ricerca dei due ragazzini, nipoti di Claire, Gray (Ty Simpkins) e Zach (Nick Robinson), che nel mentre si erano ritrovati ad affrontare il dinosauro durante il giro turistico del parco.

La regia è di Colin Trevorrow che riprende in modo attento e rispettoso il primo Jurassic Park diretto da Steven Spielberg…Molti sono i riferimenti che troviamo nel film, dal cancello, alla maglietta che indossa Lowery (Jake Johnson), allo striscione del vecchio parco (con la scritta “When dinosaurs ruled the earth”), alla vecchia jeep e molti altri... Non meno importante l’omaggio a Richard Attenborough, l’attore morto poco prima di poter far parte del film e che interpretava John Hammond, l’ideatore del parco a tema sui dinosauri, rappresentato non solo dalla statua nel parco ma anche da continui riferimenti nei dialoghi dei personaggi soprattutto da Masrani (Irrfan Khan) il nuovo proprietario del parco. In generale il film è molto simile al primo del 1993 fatta eccezione per gli effetti speciali che sono ovviamente molto più realistici e spettacolari considerando l’evoluzione tecnica dagli anni 90 ad ora.


Il film è veramente coinvolgente e ricco di azione e ci  da anche uno spunto di riflessione sul fatto che l’uomo è sempre portato a volere di più e a superare i propri limiti e a volte non è in grado di imparare dagli errori del passato.
Per gli amanti del genere fantascientifico è un film da vedere anche se comunque il primo capitolo rimarrà sempre il migliore.

F.

Babadook


Ne hanno parlato come del film horror migliore degli ultimi anni. Sarà vero?


E. Davis interpreta Amelia, una mamma esausta a causa di un lavoro poco soddisfacente e di Sam, suo figlio, un bambino iperattivo, con disturbi del sonno e una costante paura della morte. Pur avendo appena sei anni, Sam teme per lui e la mamma, spera che la mamma non muoia di lì a poco.
Sam ha sei anni: non ha mai conosciuto suo padre, morto quando Amelia stava per partorire.
Sam pensa che un mostro voglia fare del male a lui e a sua madre, per questo costruisce armi, è terrorizzato all'idea di dormire da solo, ogni sera fa controllare armadio e angoli della casa nella speranza non ci sia nessuno.
I problemi di Sam non sono le semplici paure che un bambino può avere. Nei suoi occhi si legge il vero terrore. Terrore che si amplifica dopo aver letto un libricino horror apparentemente innocente: The babadook.
Il babadook altro non è che un mostro di cui Sam inizia ad avere sempre più paura, per questo Amelia fa di tutto per liberarsi di quel libretto misterioso.
 Pian piano, però, a causa degli eventi che si susseguono in casa, anche Amelia inizia a convincersi che ci sia qualche oscura presenza.
E' lei ora ad essere terrorizzata.
Sembra che Amelia sviluppi una sorta di bipolarismo, ed è così che nella sua follia inizia a compiere proprio quei gesti che le erano stati anticipati nel libro.

ATTENZIONE! Da questo momento il post contiene spoiler!
Il finale è davvero particolare: Scopriamo che il babadook altro non è che l'inquietudine che aleggia nell'anima dei personaggi; inquietudine che può essere tenuta a bada ma che può anche dominare completamente.
Amelia e Sam capiscono bene che il mostro non può essere sconfitto definitivamente, e imparano così a conviverci.
Se questo finale, forse per la prima volta in un film horror, ha anche un insegnamento morale, bisogna tuttavia dire che è stato sviluppato in maniera un po' troppo affrettata.
Avremmo dovuto avere indizi prima della vera natura del mostro, invece in alcuni momenti, quando per esempio la casa inizia a tremare, o quando nel piatto di Amelia vengono trovate delle schegge di vetro, siamo portati a pensare che la reale essenza del babadook sia qualcosa di esterno, di esistente e concreto.
Il film comunque si lascia apprezzare per i riferimenti simbolici: l'uomo nero temuto da mamma e figlio rimanda in qualche modo al marito di Amelia, che rivive nei suoi ricordi; in tv Amelia guarda quasi esclusivamente filmati in b/n: tra questi c'è un vecchio cartone di un lupo che si traveste da pecora, chiara metafora di quello che sta succedendo a lei in prima persona.
Molto buone le interpretazioni di tutti gli attori, primo tra tutti del bambino protagonista, Noah Wieseman, di cui sono certa sentiremo ancora parlare.
Belle anche la fotografia e la scenografia: il film è molto cupo. Quasi completamente sulla scala dei grigi e dei blu quando siamo in casa o quando percepiamo che sta per accadere qualcosa; nei rari momenti di pace, come quando Amelia è a lavoro o quando, verso la fine, ha capito come convivere col babadook, invece predominano i colori pastello.
Grandioso infine il trucco. La stanchezza della Davis è quasi palpabile.

G.

mercoledì 22 luglio 2015

Ti ricordi di me?

Se un uomo facesse tutto questo per me... probabilmente lo sposerei mille volte. Se poi l'uomo fosse Edoardo Leo, allora le volte sarebbero milleuna.  Ma questo è perché io sono un'inguaribile romantica.



Il film è una commedia romantica un po' sui generis. A livello recitativo i protagonisti, Leo-Angiolini -che già avevano recitato insieme- sono davvero impeccabili, e veramente buona è pure l'interpretazione di Paolo Calabresi e Susy Laude.
Roberto e Bea sono due disadattati.. Lui, cleptomane timido e poco incline ad avere rapporti sociali, quando non fa il commesso in un supermarket, scrive fiabe dal finale poco consono su temi quali immigrazione, morte, abbandono. Perché vuole che i bambini sappiano la verità il prima possibile.
Lei, maestra elementare, oltre a soffrire di narcolessia, ha frequenti attacchi di amnesia che la costringono a portare sempre con sé un librone in cui raccogliere ricordi.
I due si incontrano dall'analista, e se per Roberto è amore a prima vista ("L'amore lo riconosci dall'odore, no? E lei ha l'odore della donna della mia vita." confessa), altrettanto non si può dire per Bea, intrappolata in una storia d'amore e pronta a sposarsi a breve.
Il film racconterà i successivi anni di vita della coppia, in maniera davvero originale.
Unico difetto che si può riscontrare è che a un certo punto il ritmo rallenta, forse il film perde un po' di mordente, quasi a voler raggiungere una "durata canonica", per poi riprendersi in un finale dolce e un po' malinconico.
C'è poi da dire che "Ti ricordi di me?" è tratto dall'omonima opera teatrale che ha visto gli stessi protagonisti (e qualche sgabello come unico oggetto di scena) nei teatri per ben due stagioni.
Il soggetto è di Massimiliano Bruno, astro del cinema italiano, la sceneggiatura invece è stata scritta da Falcone, Leo e Genovese, Insomma, una vera garanzia nel panorama della commedia nostrana.
Sicuramente spettacolari i colori, la fotografia e la colonna sonora... diciamo che questi "pro" mi fanno ben sopportare i "contro" già descritti.
E poi, l'ho già detto: c'è Edoardo Leo.


Il film, in uscita in Spagna, è in questi giorni in programmazione su sky. Non dimenticate di vederlo!

G.

martedì 21 luglio 2015

The Flash_stagione 1

Oggi si parla della serie tv che ha vinto il Saturn Award (l’oscar della televisione) come serie rivelazione dell’anno: The Flash.


The Flash nasce come serie tv spinoff di Arrow, entrambe trasmesse dall’emittente televisiva americana The CW, incentrata sulla vita di Barry Allen (Grant Gustin) scienziato forense del Central City PD che viene colpito da un fulmine diventando l’uomo più veloce del mondo. Grant Gustin, che qualcuno ricorderà in Glee, fa la sua prima apparizione negli episodi 8 e 9 della seconda stagione di Arrow che creano il punto di incontro delle due serie. 
La serie parte alla grande con un episodio introduttivo molto ben fatto, scenografie ed effetti speciali spettacolari tanto che, per l’episodio Grood Lives , che insieme all’episodio Out of time-in cui viene introdotto il viaggio nel tempo-  e il season finale sono i migliori di tutta la stagione, si è guadagnato una nomination agli Emmy Awards. 
La stagione si è chiusa con un cliffhanger pazzesco che sicuramente porterà lo spettatore a ritornare per la seconda, e durante la stessa non c’è mai stato un momento sottotono o noioso. 
Greg Berlanti, Andrew Kreisberg e Geoff Johns, ideatori della serie, sono riusciti a dare vita, in una serie televisiva, ad un supereroe che molto rispecchia quello dei fumetti, eccetto forse per Iris West (Candice Patton) che, per tutta la prima parte della stagione, è stata un po’ esclusa da tutta la storia del supereroe tanto da farla sembrare molto ingenua e forse anche poco intelligente, ma per fortuna il personaggio si è evoluto nell’ultima parte e avrà sicuramente molta importanza in seguito;  inoltre, sono stati introdotti o accennati molti personaggi del mondo Dc e di Flash tra i quali Firestorm (Robbie Amell e Victor Garber), Capitan Cold (Wentworth Miller), Grood, Trickster(Mark Hamill che lo interpretò anche nel 1990) Vibe (per ora solo citato e che probabilmente apparirà nella seconda stagione). 
A differenza di Arrow è, per certi versi pìù divertente e leggera grazie soprattutto al personaggio di Cisco Ramon (Carlos Valdes)e alle sue battute e costanti riferimenti a film e serie tv, ma anche allo stesso Barry Allen, versione ragazzo,  e i suoi modi un po’ impacciati e molto da nerd, ma ci sono anche i momenti importanti e più seri in cui Barry sa essere un vero eroe correndo ad una velocità supersonica aiutato costantemente da Cisco e Caitlin Snow (Danielle Panabaker) e dal Dr Wells (Tom Cavanagh), nonostante sin dall’inizio sia una figura piuttosto enigmatica. 
Nota di merito a Grant Gustin che, rispetto ai tempi di Glee, è migliorato moltissimo a livello interpretativo, a Tom Cavanagh, che ha saputo interpretare alle perfezione il villain principale dell’eroe: Eobard Thawne/Harrison Wells/Reverse Flash riuscendo ad essere amato e odiato allo stesso tempo e, anche,  a John Wesley Shipp che dall’essere Barry Allen/Flash nel lontano 1990 ora si cala nei panni del padre Henry Allen e, nonostante non sia sempre presente nel corso della stagione, ha messo alla luce molto bene l’amore di un padre nei confronti di un figlio mostrandosi orgoglioso di lui quando capisce cosa sia diventato quest’ultimo e il bene che riesce a fare per la sua città e per le persone a cui tiene.


Serie tv assolutamente da vedere e di cui sentiremo parlare a lungo.

F.

Noi e la Giulia

Commedia rivelazione dell’anno, Noi e la Giulia, sta portando a casa un sacco di premi. Meritatissimi.
Ecco, innanzitutto, partiamo dalla definizione di commedia: Questo film rientra a pieno titolo nella categoria,  essendo caratterizzata da un linguaggio e da vicende verosimili, che non cadono nel banale e nel “già visto”.
La comicità del film risiede esclusivamente nella situazione, creata per far sorridere, ma anche per far riflettere.
Se vi aspettate battute da cinepanettone, scene di equivoci o doppi sensi, nudi qua e là… risparmiate i soldi del biglietto.
Se invece avete bisogno di una ventata di aria fresca, se volete rivalutare il cinema italiano (che ci manca tanto!), se volete godere di ottime interpretazioni…  allora correte al cinema.
Protagonisti del film sono degli sfigati –falliti, dicono loro- : Fausto (E. Leo), venditore di orologi-patacche;  Diego (L. Argentero) insoddisfatto venditore d’automobili; Claudio (S. Fresi) che in breve ha fatto fallire lo storico alimentari di famiglia.
 I tre, appena dopo essersi conosciuti, per risollevarsi dalle delusioni lavorative e familiari, decidono di aprire un agriturismo in società.
 A loro si aggiungeranno Sergio (un inedito C. Amendola), legato alle vecchie ideologie comuniste e la sbadata e, -come è stata definita dagli sceneggiatori- “danneggiata” Elisa (magistrale A. Foglietta).
I preparativi per l’apertura del locale di questa allegra e disomogenea compagnia verranno interrotti dall’arrivo della camorra, in primis di Vito (C. Buccirosso) a bordo della sua splendida Giulia 1300 verde –da cui il titolo-. Da questo momento una serie di eventi creerà le basi per un confronto tra vittima e carnefice. Cosa succede quando ci si ribella a qualcosa di così grande?
Non è la prima volta che in Italia le mafie vengono prese in giro sul grande schermo (basta pensare a “La mafia uccide solo d’estate”, esordio alla regia di Pif).
Abbiamo forse bisogno proprio di questo: affossare uno dei grandi problemi d’ Italia con una risata. Dimostrare che non è necessario essere dei supereroi per vincere nel quotidiano la bruttura che ci circonda. Lo dice anche Elisa nel film: le cose belle salveranno il mondo. E lo faranno non solo per i quarantenni di oggi, ma anche per la generazione futura.
Nel film appare chiara la condanna al bene e al male assoluti: Sospendiamo il nostro giudizio. Non c’è il totalmente buono o il totalmente cattivo. C’è però la possibilità di cambiare, di credere in una seconda possibilità.
Questa assenza di giusto e sbagliato si riflette anche nella satira politica che viene fatta nei confronti dei personaggi più schierati, chi da una parte chi dall’altra, Fausto e Sergio.
Splendido il lavoro dei costumisti: look e abbigliamento dei personaggi riflettono a pieno il loro modo d’essere: basta pensare alla carrellata di magliette di Claudio Amendola, inni contro il nucleare,  propaganda  NO TAV, incitazioni alla rivoluzione.
Ma anche allo slogan “L’Italia agli itagliani” che campeggia sulla t-shirt di Edoardo Leo è indicativa delle scelte ideologiche del protagonista.
Assolutamente da premiare la regia. Questo è il terzo lavoro di Leo, che supera se stesso. Il film, girato in sequenza, ha di sicuro influenzato positivamente l’alchimia tra i vari interpreti, alchimia che lo spettatore percepisce e di cui gode.
Ultima, ma non per importanza, la sceneggiatura. Bonini e Leo, che collaborano da anni, scelgono il mistilinguismo per il loro film. Scelta azzeccatissima, utile anch’essa per la caratterizzazione dei personaggi.
Difficile misurare i ruoli dei vari protagonisti all’interno di un film corale: si rischia di far emergere uno sugli altri. Ma il grande lavoro di scrittura non ci fa dimenticare di nessuno. Le battute sono ben calibrate e possiamo identificarci in ognuno dei “tipi” che ci vengono presentati.
Non sveliamo nulla sul finale, lo spettatore potrà farsi un’idea da sé.
Davvero un gran film, che piace a tutte le generazioni. Un film che fa bene a chi ha smesso di crederci e a chi non si arrende, nonostante tutto. Assolutamente consigliato.
Noi e la Giulia è ancora in programmazione in alcune sale italiane. Non lasciatevelo sfuggire!

G.

lunedì 20 luglio 2015

Pitch Perfect 2

a metà strada fra "Glee" e "American Pie" si colloca questa piacevole commedia.
Il film è il seguito di "Voices", e, strano a dirsi, è stato secondo me migliore  questo secondo capitolo del primo.
Dissacrante  al punto giusto, pungente, con battute sessiste, razziste e una piccola dose di trash che-siete avvertiti-potrebbe non piacere, ma è volutamente ironica.
Oltre questa "spinta", forse troppo oltre, (ma ripeto: è chiara ironia!) ci sono le musiche, i mash-up, le gare a cappella. C'è, quasi da sfondo, anche la leggera storia delle protagoniste chiamate a crescere rispetto al capitolo precedente e fare delle scelte.
Nulla di troppo impegnato, certo, ma di positivo c'è che gli spettatori in sala, di sicuro mi hanno sentita ridere più volte. E io ho sentito ridere loro.
 Chiudo con una vera e propria celebrazione di quelli che sono i punti forti del film:
-costumi, accessori, trucco e parrucco: il film andrebbe quasi guardato solo per ammirare i look delle protagoniste (ma anche dei personaggi secondari), che le caratterizzano in una maniera impressionante;
-musica: ovviamente la colonna sonora è il fulcro del film. Ottime le scelte, ottime le interpretazioni sul palco e in pista di questi gruppi musicali che si sfidano tra loro; davvero splendide anche le coreografie.
Assolutamente consigliato per passare una serata piacevole!

G.

Ecco Fatto

Parliamo di una vecchia commedia italiana. Era il 1998 quando uscì nelle sale Ecco fatto.



Muccino sceglie le sue star -Santamaria & Pasotti- e inizia il lungo viaggio che lo porterà a L'ultimo bacio.
Gli ingredienti ci sono tutti:
Matteo e Piterone sono i due classici protagonisti del cinema italiano di Muccino: maschi, immaturi alle prese coi problemi di tutti i giorni, specialmente con l'amore.
Pietro-per tutti Piterone, con la I, -un Santamaria coi capelli improponibili, è un agitatissimo pluribocciato che riesce, con l'aiuto di amici, a modificare i voti sui registri scolastici; e che proprio non riesce a fare colpo sulle ragazze (nonostante le sue numerose lessons).Matteo, Giorgio Pasotti, oltre a dover sperare di non perdere l'anno scolastico, è pure costretto a combattere la sua gelosia amorosa.
E' infatti fidanzato con Margherita, di tre anni più grande, dalla vita movimentata da numerose feste ed amicizie maschili, che a Matteo proprio non vanno giù.
La storia è interamente raccontata sottoforma di flashback dai due amici, che superati gli esami di maturità lavorano in una lavanderia.
Oltre che i personaggi, anche la colonna sonora, le inquadrature, i dialoghi... sono tipicamente Mucciniani.  
Così come Mucciniano è il modo di vedere il tradimento, la gelosia, i sentimenti...come si capisce bene dai discorsi del pubblico a cui Piterone e Matteo raccontano le proprie vicende.
Ma quest'insieme di elementi, così tipicamente legati al regista, non rappresenta affatto un difetto, anzi.
Dimostra quelli che sono i gusti di regia, per quanto ancora abbozzati e poi pronti a sbocciare.
E' un film "ingenuo", piacevole, da guardare col sorriso, pensando, col senno di poi, a quella che sarebbe stata la fortuna dei vari interpreti.

G.

domenica 19 luglio 2015

La kryptonite nella borsa

"La Kryptonite nella borsa" è una fiaba moderna ambientata a Napoli nel 1973. Protagonista è Peppino, un occhialuto bambino impacciato, che vive in una famiglia poco tradizionale. La mamma, Rosaria, dopo aver scoperto i tradimenti del marito, cade in uno stato di depressione che la costringe a letto, e che porta il piccolo Peppino a passare molto più tempo con i suoi zii -Titina e Salvatore-, e con un'amica della madre, Assunta. Titina e Salvatore (C. Capotondi e L. De Rienzo) sono due giovani hippie che portano il nipotino a feste, serate femministe, balli. Assunta cerca disperatamente marito, costringendo Peppino a stare ore e ore al mare, nella speranza che qualcuno la noti. Ma Peppino, che in classe è preso spesso in giro, un po' per la sua miopia, un po' per la sua goffaggine, non è solo. Accanto a lui c'è nientepopodimeno che Superman. Il supereroe è in realtà il cugino Gennaro, ragazzo un po' stravagante, morto da poco, che rivive proprio nei ricordi del bambino. Come Peppino, anche Superman è il classico sfigato, ma da vero eroe alla fine del film dà un'importante lezione di vita: mai vergognarsi delle proprie diversità, portare con orgoglio il fatto di essere fuori dal comune è il primo passo per una vita felice. Il film è piacevole, anche grazie all'interpretazione degli attori. Luca Zingaretti e Valeria Golino eccezionali; buonissimo anche Libero De Rienzo, anche se si vede forse troppo poco. E' anche accennato il pensiero popolare, quello "comune". E' sconveniente rimanere incinta prima del matrimonio; ci si vergogna a mostrare una casa povera al proprio uomo. Ma allo stesso tempo si intravedono le lotte per l'uguaglianza tra uomo e donna (ricordando che, se i reggiseni sono stati appena comprati, magari "non li bruciate... stipateli nel cassetto e smettete di usarli!"); l'importanza di non vergognarsi del proprio corpo; il tentativo di allargare le proprie vedute frequentando ambienti diversi da quello casalingo. Belli i costumi e le scelte dei colori, tanto nei trucchi quanto, soprattutto, nella scenografia. Piacevole anche la regia e la sceneggiatura, specialmente nelle scene comiche con il terzo zio di Peppino, che sembra essere un grande studioso; e in quelle più serie in cui Rosaria, lentamente, diventa consapevole della propria esistenza.

G.