martedì 20 dicembre 2016

Fuga da Reuma Park

Me lo ricordo come se fosse ieri quando, uscita dal cinema dopo Il cosmo sul comò mi domandai se tra gli ultimi lavori del trio Aldo Giovanni e Giacomo e quello fosse successo qualcosa.
Tornai a casa con un po' di magone, però il magone passò, quando, la sera seguente, infilai il VHS di Tre uomini e una gamba e mi sentii immediatamente meglio.
Da allora sono passati quasi dieci anni: Fuga da Reuma Park mi ha delusa forse anche di più e non ho nemmeno la tv col videoregistratore per consolarmi.
Insomma, partiamo male.



















A Reuma Park, un parcogiochi fatiscente riadattato a casa di riposo, si rincontrano Aldo Giovanni e Giacomo, tre brillanti attori comici ormai in pensione che lavoravano insieme,ma che hanno perso i contatti da tanti anni.
Come da titolo, i tre provano a elaborare un piano di fuga dall'ospizio, gestito dall'arcigna infermiera russa Ludmilla (S. Fallisi).

Purtroppo non si ride, nonostante io abbia trovato piacevoli -e quasi un salto al passato, visto che sono frequenti anche in altri loro film-le incursioni dei vari personaggi interpretati dal trio. L'unico momento idivertente è stato durante i vecchi sketch mostrati in tv nel centro anziani, però chiaramente non basta per farmi esprimere un giudizio positivo.

Il film voleva essere un omaggio ai primi 25 anni di carriera di Aldo Giovanni e Giacomo, che iniziarono la carriera con questa formazione dopo un breve periodo di "duo" formato da Aldo e Giovanni.
Purtroppo se una persona non li conoscesse da anni, oggi resterebbe profondamente delusa.
Ed è un vero peccato, perché la comicità di questi attori è qualcosa di unico che non si trova da nessun'altra parte. Qualcosa che funziona alla perfezione grazie alla complicità dei tre comici.
Questo film invece sembra raffazzonato, fatto da persone inesperte che si ritrovano per la prima volta a mettere insieme le idee. Sembra una lunga, lunghissima pubblicità fatta di battute scadenti come "è giusto" che sia dal momento che vuole (e tenta di) far ridere a tutti i costi ma ha come obiettivo vero quello di vendere un prodotto.
Una delusione vera.
G.

sabato 17 dicembre 2016

Non c'è più religione

Dopo aver sfornato i riuscitissimi Benvenuti al Sud e Benvenuti al Nord, Luca Miniero torna a collaborare con Claudio Bisio per una commedia che si allontana dal classico cinepanettone ma che porta con sé il classico sapore natalizio dei film bruttini che escono nelle sale in questo periodo.

Purtroppo, infatti, nonostante il regista sia sicuramente capace, e nonostante il cast sia di tutto rispetto (oltre alla coppia Bisio-Finocchiaro, che funziona sempre, c'è anche un poco riconoscibile Gassmann), la trama del film lascia parecchio a desiderare.

Siamo a Portobuio, un'isoletta italiana di pochi abitanti.
Nonostante il Natale sia ancora lontano c'è grande fermento per le prove del presepe vivente, che ha reso famosa la città stessa.
Sorge però un problema: Lupo, che di solito fa il bambinello e che è in effetti l'unico bambino all'interno della comunità cristiana, è ormai troppo grande. Suor Marta (A. Finocchiaro) dovrà quindi chiedere aiuto al sindaco appena eletto (C. Bisio) che proverà a coinvolgere la comunità musulmana, guidata da un amico di infanzia dei due (A. Gassmann) ormai convertitosi per "farsi prestare" un bambino per l'occasione.

Le note dolenti sono moltissime: innanzitutto del fat shaming nei confronti di Lupo, che con lo sviluppo è parecchio ingrassato e deve dimagrire per fare Gesù Bambino.
Messaggio assolutamente sbagliato: il primo quarto d'ora del film è incentrato su questo preadolescente che viene fatto allenare e sudare per poter prender parte al presepe vivente. Sarebbe semplicemente bastato sottolineare come Lupo è ormai troppo grandicello per la parte di un neonato.
Nulla contro l'idea che i bambini in sovrappeso debbano dimagrire, anzi, ma solo ed esclusivamente perché non fa bene alla salute avere quei chili in più.
Il pensiero che qualche ragazzino al cinema possa aver solo per un attimo pensato che bisogna essere più in forma per ottenere qualcosa (che non sia, mi ripeto, la salute) mi ha fatto venire l'orticaria. Per non parlare della pessima battuta del sindaco che alla vista del ragazzino esclama che è pronto per fare il bue. Orrore.

Suor Marta è un grande punto interrogativo: che accento ha? Talvolta pare del nord, talvolta del sud, perché? E a che scopo?

Ancora peggio poi il discorso che fa da fil rouge dell'intero film: La tolleranza tra due comunità così diverse non può certo crearsi se i pregiudizi provengono da tutti.
Anche il sindaco, che sostanzialmente vuole portare due mondi opposti a conoscersi meglio, è la prima fonte di razzismo: basti pensare al fatto che quando una bambina della comunità musulmana lancia lo zaino perché tornata da scuola, è spaventatissimo tanto quanto i personaggi che sono disegnati come volutamente bigotti.
Sarebbe stato sufficiente far vedere come lui, superiore al preconcetto, si facesse una bella risata di fronte alla paura dei suoi concittadini per mandare un messaggio totalmente diverso.
Se da un lato, quindi, abbiamo questa comunità cristiana mentalmente chiusa e retrogada, dall'altro quella musulmana è guidata da un uomo abile nell'arte del ricatto e del raggiro.

Insomma, un messaggio anche qui completamente sbagliato, volto a creare caricature e a rafforzare i luoghi comuni che dovremmo anzi eliminare.

Un grande peccato per un film che invece avrebbe potuto sin dal primo momento dimostrare come collaborazione e accettazione del diverso siano da considerare valori e non rinunce.

G.

mercoledì 14 dicembre 2016

Una vita da gatto

Il miliardario Tom Brand (K. Spacey), impegnato nei progetti di realizzazione di un grattacielo, vive per il lavoro, trascurando così la sua seconda moglie (J. Garner) e la figlia.
Desideroso di recuperare i rapporti con la bambina, che sta per compiere undici anni, decide di accontentarne la richiesta: le regalerà un micino, che la bambina chiede per ogni compleanno.
Dopo l’acquisto Tom, ancora distratto dal lavoro, avrà un incidente, e, mentre il suo corpo è in coma, la sua mente e la sua parola si risveglierà nel corpo del gatto appena acquistato (dall’immenso C. Walken, nei panni di un venditore un po’ mistico un po’ preveggente).
Potrà così guardare le cose che riguardano lui e la sua famiglia allargata –completano il quadro famigliare infatti anche l’ex moglie, il figlio avuto da questa, e la bambina che lei ha avuto in seguito-  da…un’altra prospettiva, del tutto nuova!

Nonostante il nome degli attori protagonisti sia di tutto rispetto, e, anzi, abbia di molto alzato l’asticella delle mie aspettative, questa commedia non risulta affatto brillante come si potrebbe pensare.
Indipendentemente dalla scarsa credibilità delle vicende, che può comunque essere accettata vista la fetta di pubblico giovanile che la pellicola vuole raggiungere (ma è vista e rivista, nulla di nuovo sotto il sole!), la sceneggiatura è noiosa e piuttosto deludente.
Molto bella invece la fotografia e interessanti le scelte registiche di Sonnenfeld.
Poco realistici sono pure gli effetti speciali che seguono i movimenti del gatto-Tom una volta a casa, e persino gli attori non sembrano essersi davvero impegnati nella realizzazione del film –eccezion fatta per Walken.
Probabilmente il giudizio negativo dipende anche dal doppiaggio: un gatto con la voce di Kevin Spacey deve essere quasi per forza interessante!

In definitiva:  Goffa commedia natalizia, meglio indubbiamente della maggior parte di quelle che popolano il cinema a dicembre, ma assolutamente al di sotto della qualità a cui ci hanno abituato questi mostri sacri del cinema.


G.

domenica 27 novembre 2016

Quel bravo ragazzo

Don Ferdinando, a capo di un'associazione mafiosa, sta per morire e avendo scoperto di avere un figlio trentacinquenne decide di conoscerlo per lasciare lui la sua eredità.
Ma c'è un problema: Leone, questo il nome del figlio sconosciuto, è quel bravo ragazzo, anzi: è più di bravo, perché Leone è ingenuo a livelli esponenziali, i suoi amici sono i bambini della parrocchia in cui opera come chirichetto a cui chiede consigli sulla vita amorosa, la sua famiglia è il parroco don Isidoro (Marcello Macchia, per tutti Maccio Capatonda), che lo ha cresciuto come un vero figlio.
Come potranno due persone così agli antipodi, che condividono semplicemente una percentuale di DNA trovare un punto di incontro?

Luigi Luciano, in arte Herbert Ballerina, è magistrale nell'interpretazione del fesso di turno: ci ha abituati così dai tempi di Mai dire e che sia assai capace in questo ruolo è chiaro. Come è chiaro che per realizzare una cosa apparentemente così stupida, che però funziona da anni, ci sia bisogno di grande lavoro. E il lavoro è quello collaudato di sceneggiatori come Ansanelli, Lando, Agnello, Zecca e lo stesso Luciano.
Così come grande è il lavoro degli attori: a partire dal protagonista, per passare a Capatonda, come sempre credibile, per arrivare alla grandezza di Ninni Bruschetta, che è il valore aggiunto del film.

Cosa allora non convince? La durata, fondamentalmente.
Finché si tratta di una scenetta,di un trailer, di uno sketch, questo surrealismo ci fa ridere anche se sappiamo cosa ci aspetta. Però un'ora e mezza (o poco meno) di film incentrato sulle disavventure del puro e candido Leone sono davvero poco credibili e, a lungo andare, poco divertenti.

Il film resta così una perla per i seguaci di lunga data di Maccio e della sua comicità, che sicuramente troveranno divertenti battute e situazioni imbarazzanti e assurde in cui si trovano i protagonisti, ma purtroppo non è entusiasmante come ci si potrebbe aspettare.


G.

venerdì 25 novembre 2016

Gilmore Girls: a year in the life

Se ne è parlato molto e finalmente oggi, 25 Novembre 2016, le ragazze Gilmore sono tornate con episodi inediti che racconteranno in un anno della loro vita come sono cambiate Rory e Lorelai in questi dieci anni. Un ringraziamento speciale a Netflix per tutto questo!


Gilmore Girls, o come lo conosciamo noi, Una Mamma per Amica, è una serie televisiva andata in onda dal 2000 al 2007 per ben sette stagioni.
È ambientata nella cittadina immaginaria di Stars Hollow in Connecticut e racconta le vicende di Lorelai (Lauren Graham) e Rory (Alexis Bledel) Gilmore, una giovane madre e una figlia molto unite tra loro e di tutti gli abitanti di questa piccola città. 
Tra caffè, libri, amori e battute spiritose ci hanno fatto divertire ed emozionare per sette anni.

Questo è in breve Una Mamma per Amica…ma vediamo dove eravamo rimasti dall’ultimo episodio: Rory rifiuta la proposta di matrimonio di Logan e i due si separano, nel mentre si è laureata a Yale e gli viene offerto un lavoro come reporter per la campagna di Obama ed è in procinto di partire…Lorelai  è triste per l’imminente partenza della figlia ma ad entrambe viene organizzata dalla città un festa a sorpresa e alla fine Lorelai e Luke ritornano insieme.

Questa mini serie nasce per dare una conclusione alla serie originale. Amy Sherman-Palladino, la creatrice, ha deciso di dividerla in quattro episodi da 90 minuti ciascuno che seguono un anno nella vita di Lorelai e Rory, uno per ogni stagione, infatti i titoli delle puntate sono: Winter, Spring, Summer e Fall, ovvero Inverno, Primavera, Estate e Autunno. Saranno presenti, anche se alcuni per poco, molti dei vecchi personaggi come Lane (Keiko Agena), Sookie (Melissa McCarthy), Michel (Yanic Truesdale), Dean (Jared Padalecki), Jess (Milo Ventimiglia), Logan (Matt Czuchry), Emily (Kelly Bishop) e altri…Mancherà sfortunatamente Richard, il nonno di Rory poichè l’attore Edward Herrmann è scomparso qualche anno fa, e verrà ricordato in uno dei quattro episodi.

Ci saranno molte nuove vicende ma sicuramente in stile Gilmore.

Questo è il trailer:




Ora caffè alla mano e buona visione ;)



F.

lunedì 14 novembre 2016

Genius

In una grigia New York degli anni '20, l'editor Max Perkins (magistralmente interpretato da C. Firth) è noto per aver scoperto e pubblicato i capolavori di autori quali Ernest Hemingway e Francis Scott Fitzgerald.
Senza speranza alcuna, dopo una serie di rifiuti da parte delle altre case editrici, si rivolgerà a lui Thomas Wolfe (J. Law), giovane eccentrico e pieno di voglia di vivere e di scrivere.
I due sono diversissimi, e basta il solo abbigliamento che indossano a farcelo notare: il primo, uomo elegante, di poche parole e dedito al lavoro, è sposato e padre di cinque figlie; il secondo, egocentrico e chiassoso, vive con una donna molto più grande di lui (N. Kidman), la prima che ha riposto fiducia nella sua arte.
I due però hanno una cosa in comune, benché la mostrino in modo assolutamente diverso. Per entrambi infatti il loro lavoro è decisamente più importante di quello delle donne con cui condividono la vita. 
Max Perkins scoraggia la moglie a riprendere l'attività di sceneggiatrice; Thomas trascura la sua compagna a tal punto da indurla a diventare ossessivamente gelosa nei confronti dell'editore con cui il compagno passa tutte le sue giornate.

Tra i due protagonisti nasce comunque una bella amicizia, fatta indiscutibilmente di alti e bassi, ma che porterà comunque lo scrittore in vetta alle classifiche.
Impossibile non citare la figura di Scott Fitgerald (G. Pearce), uomo profondo e sensibile, ormai in crisi creativa, saprà sempre dove trovare una mano pronta ad aiutarlo.

Alla fine del film ci si chiede chi sia il vero genio di cui il titolo parla: l'autore con la sua scintilla artistica, o l'editore in grado di scoprirlo e di limarne i testi fino a dar loro la forma definitiva?

Il film è sicuramente vicino allo stile di scrittura di Wolfe: una sceneggiatura "semantica" in cui non è tanto cosa si dice ma come.
John Logan, autore della sceneggiatura, è più teatrale che cinematografico. E di questa teatralità risente pure il personaggio di Wolfe, che è interpretato sovraccaricandone emozioni, parole e gesti durante tutta la pellicola.

La regia di Michael Grandage ci immerge in una New York in fermento ma è grazie alla fotografia di Ben Davis (che è forse la cosa più attraente dell'intero film) che sarà impossibile staccare gli occhi dallo schermo.
G.

domenica 6 novembre 2016

Sausage Party: Vita segreta di una salsiccia

I prodotti del supermercato hanno una loro anima, e sono certi che una volta superate le porte del negozio, accolti nelle case degli umani (considerati divinità) li aspetti una vita rosea e piacevole, salvo scoprire di aver sempre vissuto in una menzogna: gli dei sono mostruosi assassini. 

Un vero peccato avere un'idea di certo nuova e divertente, e non saperla sviluppare.
E non parlo del black humor, che può piacere o meno, offendere o meno, ma che oggettivamente, può essere ben fatto.
Parlo del fatto che è, secondo me, stata messa troppa carne sul fuoco: non è facile fare un film con battute che colpiscano diverse categorie, con un plot legato alla religione, che però parli pure di sessualità e che voglia in qualche modo riprendere l'horror.
Punto a favore del film è l'ossimorico legame tra dialoghi e motivi sicuramente da adulti e disegni e musiche assolutamente infantili.

Per il resto, purtroppo, un grande no: i personaggi sono tutti stilizzati quasi all'estremo, e benché ce ne siano alcuni che si vedono più spesso, non hanno alcuno spessore.
Il film non fa ridere. Piuttosto noiosa l'avventura del cibo che spera di salvarsi e non essere buttato in pentola scorre lenta.
E se per caso aveva come scopo quello di suscitare una qualche riflessione sull'eterna disputa scienza/religione, non fa nemmeno quello.
Davvero un peccato, soprattutto perché da Seth Rogen (che ne ha collaborato sia al soggetto che alla sceneggiatura) non ce lo saremmo aspettato.
G.

venerdì 21 ottobre 2016

Florence Foster Jenkins

Stephen Frears porta nelle sale la storia del successo di Florence Foster Jenkins, ricca donna statunitense diventata famosa come soprano…per via delle sue scarsissime capacità canore.

Florence (M. Streep) è la fondatrice del prestigioso circolo Verdi.
Donna eccentrica e amante dell’opera lirica, inizia a fantasticare sulla possibilità di essere lei la vera star, al centro del palco, con migliaia di persone in pugno.
Con caparbietà e decisione, insieme a suo marito, un attore inglese molto più giovane (H. Grant) contatta un maestro di canto, un giovane pianista che possa accompagnarla (S. Helberg) e inizia ad esercitarsi.
Florence, certo, vive in una realtà ovattata, fatta di complimenti e di apprezzamenti, da parte di chi le vuole, o di chi da lei è pagato, ma questo non le impedirà di coronare il suo sogno.
Raggiungerà  così il suo obiettivo: suonare in quello che è il posto che più ama al mondo, la Carnegie Hall.













Piacevole l’umorismo di cui è connotato il personaggio interpretato da Hugh Grant, marito accomodante e ben disposto verso le stramberie della moglie, tanto da riuscire spesso a corrompere intere platee a sua insaputa pur di vederla soddisfatta. 
Uomo non sicuramente fedele, ma indubbiamente devoto, sarà accanto alla donna che ha sposato col suo affetto fraterno.
Grant, con la sua espressività assolutamente unica, col suo muoversi  tanto magnetico, continua ad affascinare chi lo circonda, dentro e fuori dal set.
Intelligentissima l’immagine che Streep dà di una donna tanto sicura di sé, ma contemporaneamente fragile e indifesa.
Florence è una persona che, scopriremo presto, nonostante le apparenze, non può permettersi di essere troppo superficiale: combatte contro la sifilide e questo spesso la indebolisce, fisicamente e psicologicamente.
La sua elegante e delicata interpretazione è immediatamente iconica.
La bravura di Meryl  Streep è qualcosa di ineguagliabile, interpreta qualunque personaggio con una naturalezza fuori dall’ordinario.
Bravissimo anche Helberg, nei panni di un pianista che fa di tutto per trattenersi dalle risate durante ogni interpretazione della sua famosa collega, ma che non potrà non subirne il fascino magnetico.
Dona al film quel tocco di ironia in più, che ben si bilancia con le immagini di una coppia del tutto fuori dal comune, ma delicatamente commovente.
Splendido poi tutto quello che fa da contorno a questa trama fiabesca: location, musica, fotografia, costumi sono il tocco magico che rende l’atmosfera della pellicola quasi disneyana.

Così il film finisce, e mentre scorrono i titoli di coda, siamo tutti affezionati a questa nuova dolcissima figura: Florence Foster Jenkins.


G.

mercoledì 19 ottobre 2016

Qualcosa di nuovo

Maria (M. Ramazzotti) e Lucia (P. Cortellesi) non potrebbero essere più diverse, nonostante siano migliori amiche dal tempo del liceo.
La prima, intraprendente, amante degli uomini e del sesso, ha un divorzio alle spalle e si occupa di due figli oltre che del lavoro; la seconda, cantante jazz, dopo la separazione dal marito, sembra aver detto basta al genere maschile, e, rigida e fredda, soccorre Maria ogni volta che si infila in un pasticcio.
A sconvolgere i rapporti tra le due, e soprattutto, di ognuna con sé stessa, arriva Luca (E. Valdarnini), diciannovenne alle prese con la maturità, col sesso, con l'amore e con le prime delusioni.
Da un malinteso (è erroneamente convinto di aver passato la notte con Lucia, non ricordando nulla dopo una sbronza), nascono una serie di comici drammi, che vi intratterranno per un paio d'ore.

Nulla da dire sulla bravura degli interpreti: Il giovane Eduardo è un talento, tanto da chiedersi dove sia stato finora, Paola e Micaela, due certezze.
Perfette nei rispettivi ruoli, sembra che siano stati disegnati appositamente per loro.

Si capisce, praticamente da subito, che il film è tratto da una piece teatrale, scritta dalla regista di Qualcosa di nuovo, Cristina Comencini, che, insieme a Paola Cortellesi  e Giulia Calenda firma pure la sceneggiatura.
Questo legame col teatro si intravede nei dialoghi, spesso più "riassuntivi" e meno riflessivi di quanto ci aspetteremmo; dalle rare ma presenti enfasi in alcuni momenti; dal numero estremamente ridotto di personaggi e scene d'azione; dal taglio stesso della regia.
Volendo trovare un difetto a questa piacevole commedia, che è sicuramente capace di intrattenere e di farci apprezzare la grandezza dei protagonisti, potremmo dire che questo risiede nella lunghezza.
Qualche taglio qua e là non avrebbe fatto certo male, ciononostante il finale non scontato (e, anzi, l'intera storia resta in bilico fino all'ultimo minuto!) fa meritare al film una piena sufficienza!

G.

venerdì 14 ottobre 2016

Primi Ascolti: Gli spostati (Pozzati-Ognibene)

Lo scrittore e autore Simone Pozzati, insieme ai Remida, dedica un brano alla coppia de "Gli spostati", di Pechino Express!


La canzone, che si chiama proprio "Gli spostati", è nata dalla collaborazione tra Simone Pozzati, autore del testo, e Davide Ognibene voce della band modenese Remida.
Vuole essere un omaggio a Tina Cipollari e Simone Di Matteo, coppia protagonista di Pechino Express 2016 in onda su Rai 2 ogni lunedì in prima serata.

La canzone uscita Venerdì 23 Settembre, in tutti i digital store e nelle radio italiane, è il nuovo singolo dei Remida.

Simone Pozzati ha così parlato della collaborazione: "Il brano nasce come omaggio a loro due perché sono miei grandi amici. Mi piaceva l'idea di accostarli ironicamente ad Arthur Miller e Marilyn Monroe. Ho voluto collaborare con i Remida perché già da tempo io e Davide Ognibene stiamo realizzando dei brani insieme, alcuni dei quali saranno probabilmente contenuti nel prossimo disco della band".

Simone Pozzati, autore del testo






















I Remida
Il brano è considerato dalla band come parte di un progetto fine a sé stesso e parallelo al lavoro sul nuovo disco. 
I cinque ragazzi, che ultimamente si sono esibiti in occasione dell'anniversario del MEI di Faenza, hanno così commentato questo progetto: “È un piacevole ritorno al sound che abbiamo avuto fino a qualche anno fa e che ancora oggi presentiamo, in parte, dal vivo. Ci siamo divertiti, e quando ti diverti escono i lavori migliori”.






I due protagonisti della canzone, Tina e Simone, hanno amato la canzone:
“È stato inaspettatamente divertente scoprire che saremo accompagnati durante il nostro viaggio dalla voce de i Remida e le parole di Simone Pozzati. Ci siamo ritrovati nel testo e persi nella melodia. Davide Ognibene è stato una bella scoperta. Chissà che non lo sentiremo presto sul palco dell’Ariston”.
Simone Di Matteo, già scrittore e editore (Ha fondato la Diamond Editrice, in prima linea nella lotta contro l'editoria a pagamento), a breve uscirà in libreria col suo nuovo libro, dal titolo L'amore dietro ogni cosa.




Vi lasciamo quindi col testo e col video della canzone, che potrete trovare anche su I-tunes, Spotify e Deezer.



















GLI SPOSTATI (S.Pozzati/D.Ognibene)

"Sognavi Hollywood invece sei in tv
con la regina del trash, la Monroe di Pechino Express
Bogotà è Malibù, e Arthur Miller non sei tu
Norma Jeane Morteson non è l'opinionista di questo show

Ma tra geloni e botte di caldo
chissà quanto lontano è il traguardo

Siete una coppia di spostati
con eterni ritardi di routine
Siete una coppia di spostati
due figure fuori dal tempo in abissi dal sapor dantesco

Sognavi Hollywood e invece sei qua giù
Senza parlare lo slang
La Monroe che più italiana non c'è
Bogotà è Malibù, e Arthur Miller non sei tu
Norma Jeane Morteson non è l'opinionista di questo show

Ma tra geloni e cadute nel fango
chissà quanto lontano è il traguardo

Siete una coppia di spostati
con eterni ritardi di routine
Siete una coppia di spostati
due figure fuori dal tempo in abissi dal sapor dantesco

Scrittore e vamp che bruciano di celebrità
non conterà la meta ma il viaggio è ciò che resta

Siete una coppia di spostati
con eterni ritardi di routine
Siete una coppia di spostati
due figure fuori dal tempo in abissi dal sapor dantesco."

G.

giovedì 13 ottobre 2016

Before we go




New York, stazione ferroviaria Grand Central.
Un trombettista intrattiene i passanti, apparentemente deluso da un amore non (più) corrisposto.
Una giovane ragazza perde l'ultimo treno per tornare a casa, dopo che le è stata rubata la borsa.
La stazione sta per chiudere, la notte è lunga, e questi perfetti sconosciuti, con le loro storie e i loro misteri, sembrano destinati a passarla assieme.

Chris Evans e Alice Eve se la cavano benissimo: c'è intesa tra i due, ottimi attori che spesso tengono la scena soli, visto che sono davvero pochi i personaggi che si interfacciano con loro.
Ottima prova il debutto alla regia di Chris Evans, anche produttore del film.
Ci sono alcune scelte coraggiosamente azzardate, ma mai motivo di disturbo.

Gli stessi complimenti non si possono fare alla sceneggiatura: parte lenta, e tale resta: In alcuni punti si perde, rendendo difficile seguire il film, e, fatta eccezione per alcuni frangenti, risulta piuttosto noiosa e davvero poco verosimile.

Nonostante questo il film è piacevole alla vista: fotografia, scenografia, costumi fanno sì che esteticamente il film sia soddisfacente.

In definitiva: non si ride e non ci si commuove, non si resta col fiato sospeso in attesa di un colpo di scena, non si sogna di vivere la stessa avventura dei protagonisti, e non ci si immedesima provando compassione ed empatia.
Non è certo una pellicola imperdibile, però è anche vero che non è la solita commedia dalla trama banale e scontata.
Una novità, certo, ma ne avevamo davvero bisogno?

G.

domenica 9 ottobre 2016

Pets- vita da animali

Cosa fanno i nostri amici pelosetti quando sono soli a casa?
Possiamo chiederlo al vero protagonista del film, Max, un vivace Jack Russell terrier innamorato della sua padrona umana, e costretto a fare i conti col nuovo arrivato di casa, Duke.
Il film, dal punto di vista di Max, ci fa vivere le avventure e le disavventure di un gruppo di animali domestici, tra rivalità, diversità, e l'ambito lieto fine.

Universal Pictures e Illumination Entertainment si riuniscono sotto la guida del regista Chris Renaud, asso ormai noto nel mondo dell'animazione (suoi tutti i film che vedono come protagonisti i Minions), per un'ora e mezza di sorrisi.
Non esilarante, il film può vantare una serie di citazioni cinematografiche molto note, dai classici Disney che avevano già avuto cani e gatti come protagonisti, a Hitchcock.

La sceneggiatura carina, è sicuramente più adatta a un pubblico di bambini, ma non dispiace troppo nemmeno agli adulti. La forza delle battute è data anche dalla scelta dei doppiatori: Alessandro Cattelan, per il misurato Max; Laura Chiatti per la sofisticata  Gidget; Pasquale -Lillo-Petrolo per il cucciolone Duke.

I disegni non hanno la pretesa di essere realistici, e le proporzioni lo dimostrano in maniera chiara, ma non si può certo dire che siano fatti male, anzi!
Sfido chiunque a non essere uscito dal cinema col desiderio di affondare le mani nel morbido pelo di Gidget!


G.

mercoledì 5 ottobre 2016

Letture: Innamorarsi a Notting Hill



Scarlett sogna di vivere in un film.. Fino a quando non le si presenta l'occasione per realizzare il suo più grande desiderio!

A pochi mesi dalle nozze col fidanzato storico David, Scarlett ha modo di starsene per qualche settimana a Londra, nel famoso quartiere di Notting Hill, per tenere d'occhio la casa di una coppia di amici della sua migliore amica Maddie, fuori città.
Partita con la scusa di raccogliere i pensieri prima dell'evento che cambierà la sua vita, in un periodo un po' stressante, l'intenzione di Scarlett è ben diversa: vuole infatti collezionare quante più scene di film possibile, per dimostrare a tutti quelli che la conoscono che si sbagliano; la vita è molto più simile a un film di quanto si possa pensare!
Appena arrivata piomberanno nella sua vita nuovi amici, nuove avventure e, soprattutto, nuove domande.




La scrittura di Ali McNamara è molto semplice ma allo stesso tempo godibile, grazie alla sua scorrevolezza. Il testo, una simpatica lettura sicuramente più da ombrellone che da circolo della letteratura, non è nulla di pretenzioso, ma si lascia sicuramente leggere con piacere.
Il libro (il cui titolo in lingua originale è From Notting Hill with Love...Actually! ) è ricchissimo di citazioni dalle più famose commedie romantiche degli anni '90-'00, una vera goduria per chi conosce tutti i personaggi e tutte le scene a cui Scarlett fa riferimento.
Impossibile non paragonare le situazioni e le persone che incontra a quelle che abbiamo visto al cinema, e abbiamo amato, tanto per lei, quanto per noi!
Certo, un po' surreale, non c'è dubbio...ma ogni tanto una bella lettura fresca è proprio quello che ci vuole!
Piccolo bonus:
Il libro si conclude con tre coccole che Ali McNamara ci regala:
Una mappa per arrivare nei luoghi più iconici del quartiere di Notting Hill e toccare con mano la porta della casa di William nell'omonimo film, o la libreria a cui si è ispirata quella in cui il suo personaggio lavorava, o ancora il giardino in cui Anna e William si incontrano (non la panchina: quella è in Australia, purtroppo!);
Una serie di curiosità sui film preferiti dalla protagonista (e, molto probabilmente, dall'autrice!), che vi consiglio pure io;
Un test sui film preferiti di Scarlett.
Saprete totalizzare il 100% delle risposte esatte?

G.

mercoledì 28 settembre 2016

Bridget Jones' baby


Ci sono film che restano nel tuo cuore per sempre. 
Film fatti di sceneggiature che citi a memoria, personaggi che adori e che senti particolarmente vicini, inquadrature che usi come immgine del profilo sui social network, sequenze che potresti imitare alla perfezione.
Film che, nonostante l'assenza di scelte particolarmente audaci, di suspence o di tutte quelle cose tecniche che ti fanno uscire dalla sala meravigliato e ammirato, ti fanno brillare gli occhi. 
Il buon caro vecchio Bridget Jones' diary  è sicuramente uno di questi.

Per questo mi risulta difficile parlare del sequel di uno dei miei film preferiti, sapevo praticamente con certezza che mi sarebbe piaciuto (anche se di indole odio le saghe, che dopo un po' annoiano e perdono la loro verve), facevo il conto alla rovescia per quando sarebbe uscito e per quando l'avrei visto.

Bridget (R. Zellweeger), la goffa e maldestra inglese bionda che conosciamo tutti, è tornata in veste del tutto nuova.
Ha finalmente raggiunto il suo peso forma, ha un posto di lavoro di tutto rispetto, e nonostante soffra ancora di diarrea verbale, è una donna in carriera a cui la zitellitudine pesa poco.
Certo, non scrive più un diario cartaceo e non balla più All by myself col suo pigiamone, ma la si continuerà ad amare per tutto il film, come se il tempo non fosse mai trascorso.
Sono passati ormai dieci anni dall'ultima volta in cui l'abbiamo vista col dolce Mark (C. Firth), e a quanto pare le cose tra i due non sono andate come tutti ci aspettavamo.

Per i suoi 43 anni,una giovane collega le regala un bel viaggio in tenda, in occasione di un festival musicale.
Complice l'ubriacatura e la confusione della serata, Bridget la sera stessa ha un rapporto occasionale con Jack (P. Dempsey).
Pochi giorni dopo, rivede Mark, e anche in quest'occasione, merito dell'alcool, i due hanno un rapporto occasionale, che non prevede successivi impegni, come tiene a far sapere lei.

Ma Bridget resta incinta, e non sa assolutamente chi sia il padre del bambino: è così costretta ad avvertire i due ultimi amanti della situazione che si è creata.












Partirà a questo punto una competizione tra due uomini con caratteri molto diversi, per far sentire Bridget il più amata e protetta possibile, e per assicurarle una futura famiglia.


Ma le cose non sempre vanno come sembra dovrebbero andare, così, dopo bugie, litigi, rivelazioni, Bridget si ritroverà di nuovo sola, con un pancione di 9 mesi, senza un lavoro, e sotto un'incessante pioggia.

Farà la scelta giusta, non c'è dubbio. 
Anzi, forse non sceglierà affatto, perché non c'era niente da scegliere.

Il film si chiude un anno dopo la nascita del bambino, con un finale assolutamente perfetto, sotto ogni punto di vista, pensato, ovviamente, per tutti i nostalgici, che si alzeranno dalla poltroncina con un sorrisone e tanti ricordi.

La sceneggiatura, firmata dalla stessa regista, Sharon Maguire (che aveva già scritto quella per il primo capitolo della saga), da Emma Thompson e da David Nicholls non si allontana da quelle dei film precedentidella serie.
Briosa, divertente, non annoia e fa sorridere per un paio di ore.
Il film si avvicina in effetti molto più al primo,  ed è evidente che ci sia lo zampino della stessa regista in entrambi.

Per la prima volta il film non è tratto dalle avventure cartacee di Bridget, ma questo non pesa assolutamente all'intreccio. 
Continuano a essere presenti i personaggi secondari, come gli storici amici di Bridget, ormai per lo più alle prese con pappette e fitness, e vengono introdotti nuovi personaggi che piacciono dal primo momento, come la cinica e despotica ginecologa che si prenderà cura della gravidanza della protagonista.

Un film gradevole, leggero, che vi farà (ri)sognare e (ri)fantasticare sul vero amore.

G.

giovedì 21 luglio 2016

"Era mio padre" di Claudia Saba

Una nota critica è orgogliosa di parlarvi di “Era mio padre”, libro di esordio di Claudia Saba.
























Il testo non ambisce ad assumere i connotati del genere letterario, vuole essere piuttosto un libro di denuncia per incoraggiare altre donne a non restare in silenzio e condannare qualsiasi forma di violenza.
Una donna, che diventa dunque la voce di tante donne.

La prefazione di Elisa Morano, Dottoressa in Scienze Psicologiche ed Examiner Forensics, analizza alcuni passaggi dell’opera, esaminando il tema della violenza sulle donne e le conseguenze dell’abuso sessuale su minori.
Il libro si chiude con la postfazione e l’intervista all'autrice di Simone Pozzati, curatore del volume, che ha ricevuto il sostegno del Centro Donna Lilith, l'Associazione Indipendente Donne Europee A.I.D.E. e Seicomesei ONLUS.


La storia di Claudia è quella di una donna mai stata bambina, mentre quella di Sara è la storia di un abuso negato tra le pieghe dei silenzi della stessa donna. Oggi Claudia è la bambina che Sara sarebbe voluta essere, e viceversa. Tutto ciò che non viene compreso, viene agito. Questo, ciò che spesso, è chiamato destino.

SINOSSI
Sara è riuscita a crearsi una vita quasi perfetta: ha sposato l’uomo che ama e con lui ha costruito una famiglia. Sembra tutto compiuto, come un cerchio che si chiude, fino a quando le pareti sulle quali aveva costruito la sua favola iniziano a scricchiolare. Il marito bellissimo si rivela essere in realtà un uomo irascibile e violento.
L’elenco di giustificazioni che Sara dà a sé stessa è quello tipico di una donna che subisce violenza tra le mura domestiche dal proprio partner, e innamorata rifiuta di ammettere quanto sta accadendo reinterpretando la realtà al fine di alleviare il dolore.
Quando all’ennesimo episodio di violenza Sara inizia a chiedersi perché accetta tutto questo, troverà il coraggio di chiedere aiuto e inizia un percorso di psicoanalisi. Sarà questo il momento in cui le porte che l’inconscio aveva serrato a sua difesa, come una fortezza contro i nemici, si spalancheranno tutte insieme, violentemente, lasciando liberi quei fantasmi fino ad allora messi a tacere.
Ricordi di un passato doloroso emergeranno in tutta la loro drammaticità, costringendo Sara a fare i conti con un passato che ritorna per restituirle i cocci di un’infanzia violata. Sara si scopre donna tradita e bambina mancata, “abbandonata alla mercé di un padre disturbato. Orfana di una mamma ancora viva”. 






















Nella foto l'autrice C. Saba, e il curatore del testo S. Pozzati.


Titolo: Era mio padre
Autore: Claudia Saba
Curatore editoriale: Simone Pozzati
Collana: People
Editore: DiamonD EditricE
Anno di pubblicazione: Giugno 2016
ISBN: 9788896650288
I Edizione
Pagine: 112
Prezzo: € 10,00

Copertina ed illustrazioni interne di Simone Di Matteo

giovedì 7 luglio 2016

Mother's day

Fervono i preparativi per la festa della mamma e diverse donne si trovano a confrontarsi, buttarsi il passato alle spalle, conoscere meglio se stesse.
Queste brevi righe riassumono alla perfezione Mother's day l'ultimo lavoro di Garry Marshall, che, riunendo un cast stellare, ha dato vita ad una commedia romantica in cui si alternano sorrisi e occhi lucidi.

Diverse storie si intrecciano in questo film corale: C'è Sandy (J. Aniston), che sente la competizione con la moglie nemmeno trentenne del suo ex marito, e deve badare ai suoi due figli maschi. c'è Jesse (K. Hudson) che vive a due passi dalla sorella (C. Cox) e che non parla da anni con la mamma, tanto da averle nascosto di essersi sposata e avere avuto un figlio; c'è Kristin (B. Robertson) che non vuole sposarsi, perché sente una lacuna nella sua vita, e spera di poterla riempire conoscendo la madre biologica, Miranda (J. Roberts), personaggio di punta delle televendite.
Ma c'è anche Bradley (J. Sudeikis), papà vedovo alle prese con due ragazzine, di cui una in uno dei periodi più delicati della vita: l'adolescenza.

Ovviamente altissimo il livello di recitazione, enfatizzato certamente da un'ottima sceneggiatura (il film è scritto da Matthew Walker).

Belle anche le scenografie: siamo in uno dei quartieri probabilmente più ricchi della città, ed è bello vedere villette a schiera, giardini e piscine.
 Il regista comunque si concentra sui volti, che sono molti visto il grande intreccio, e non lascia spazio alle distrazioni.

Da apprezzare anche il lavoro di truccatori e costumisti, grazie al cui lavoro possiamo scoprire qualcosa in più sui diversi personaggi.

Certo, impensabile riferirsi a questo come il film dell'anno, ma come una commedia diversa dal solito, assolutamente priva di volgarità, divertente ma allo stesso tempo malinconica...assolutamente sì!

G.

mercoledì 6 luglio 2016

Letture- Il bambino segreto

Quinto romanzo giallo che vede come protagonista la coppia formata dalla scrittrice Erica Falck e dal poliziotto, ormai suo marito, Patrik Hedstrom, Il bambino segreto è un romanzo del 2007 della scrittrice svedese Camilla Lackberg.

Erica, giornalista di successo, dopo la nascita della primogenita, non ha avuto un attimo per sé.
D'accordo col marito, in congedo di paternità, decide di prendersi del tempo e cominciare a lavorare ad un nuovo romanzo.
Ma la scrittura viene interrotta da un ritrovamento in soffitta:a quanto pare sua madre, Elsy, era solita tenere dei diari da ragazza, durante il periodo della seconda guerra mondiale. Oltre a questi quaderni, che si interrompono bruscamente, Erika trova anche una medaglia apparentemente appartenente ad una personalità legata al nazismo, e una camiciola sporca di sangue, sicuramente indossata da un neonato.

Mentre cerca di ricostruire la storia del passato di sua mamma, morta tre anni prima, nella cittadina dove Erica vive sembrano avvenire morti sospette, legate alla figura di Elsy, e specialmente al periodo descritto nei diari.
Grazie al supporto della polizia, al suo intuito, e all'aiuto di un giornalista, Erica riuscirà a risolvere uno dei misteri più difficili per qualunque lettore di giallo.

Lo stile di Lackberg è molto scorrevole
. Abilissima nel lasciare le cose in sospeso per riprenderle nel momento giusto, la scrittrice non lascia nulla al caso. I numerosi personaggi sono ben delineati, hanno una loro personalità ed è bello scorrere le righe e vederli in crescita.
Tutto ha la sua logica schiacciante, e si può arrivare ad una soluzione definitiva soltanto all'ultima pagina.
Il lettore entra a capofitto nell'enigma e legge sperando di capire qualcosa prima che venga svelato, ma invano.
Un giallo assolutamente consigliato, da portare sotto l'ombrellone e da divorare in breve tempo!

G.

venerdì 24 giugno 2016

La mafia uccide solo d'estate

La mafia uccide solo d’estate è un film del 2013 diretto ed interpretato da Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif.


In modo del tutto originale, Pif racconta gli avvenimenti degli anni settanta e novanta nella Palermo in cui la mafia c’era ma l’omertà e la negazione della stessa erano più forti di quanto potesse essere combatterla.

La storia viene raccontata attraverso gli occhi di un bambino, Arturo, cresciuto nella Palermo di quegli anni, la cui vita si interseca con quella delle attività mafiose e con quella delle persone, degli eroi che hanno preso parte alla lotta antimafia che parla in prima persona. Lo stile ricorda molto il programma Il Testimone dello stesso Pif.

La vita di Arturo che si innamora di Flora (Cristiana Capotondi) e che fa di tutto per conquistarla, la volontà di fare il giornalista, la sua passione per l’allora presidente della repubblica Giulio Andreotti , tutta la sua vita quotidiana che si fonde con gli avvenimenti del periodo che sono richiamati anche dalle immagini reali di quei fatti, come il funerale del generale Dalla Chiesa o quelli dei magistrati Falcone e Borsellino.

A dimostrare come in realtà la criminalità organizzata è intorno e in mezzo a noi sono proprio quelle situazioni che Arturo si trova a vivere quando incontra alcune delle persone coinvolte:  da Boris Giuliano (capo della squadra mobile di Palermo) a Rocco Chinnici (magistrato che creò il pool antimafia) al generale Dalla Chiesa.

Toni leggeri ed ironici ma anche commoventi  e riflessivi, è uno di quei film che, a differenza di molti altri, ci fa vedere con un'altra prospettiva quella storia che tutti noi conosciamo. È un film adatto a tutti, anzi è uno di quei film che con la sua semplicità possono insegnare a bambini e ragazzi una storia difficile da comprendere se non si è adulti.


F.

martedì 14 giugno 2016

Letture: nessuno si salva da solo




Margaret Mazzantini ha il potere di immergersi a tal punto nella storia che ti sta raccontando, da non farti capire quanto ci sia di falso, quanto di sentito e quanto di vissuto.

Il romanzo, narrando le vicende di Gaetano e Delia, giovane coppia separata che esce una sera, per decidere come far trascorrere le vacanze ai figli, attraversa il passato e il presente dei protagonisti in una maniera lucida, potente e commovente.
E' un libro questo, che prende a schiaffi.
E che fa risvegliare, perché è vero che nessuno si salva da solo, e l'autrice sembra metterci tutti in guardia: potreste essere anche voi, un giorno, Delia o Gaetano. E sappiatelo, scrivetevelo, ricordatelo bene: nessuno si salva da solo.

Lo stile dell'autrice, mai banale è fresco e contemporaneamente mai smielato. Nonostante quella di cui si stia parlando sia una storia d'amore intensa, di quelle che lasciano ferite aperte e mai cicatrizzate, ricordi e vuoti profondi come pozzi, non si raggiunge mai l'eccessiva dolcezza e i toni tipici da romanzo d'amore.

G.

mercoledì 8 giugno 2016

Alice attraverso lo specchio




Tratto dal romanzo di Lewis Carroll, Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò, il film di cui vado a parlare altro non è che il seguito del più noto Alice nel paese delle meraviglie.

La protagonista, Alice (Mia Wasikowska), dopo un viaggio in Oriente torna a Londra da sua madre. Scopre che l'uomo a cui era stata promessa in matrimonio, ma che aveva rifiutato di sposare, Hamish (Leo Bill), dopo aver preso le redini della compagnia appartenuta al padre defunto vuole vendicarsi del fidanzamento non andato a buon fine e costringere Alice a vendere la Wonder, nave di cui ormai è diventata capitano.

Durante una cena, Alice indignata si allontana dal resto dei partecipanti, e seguendo una farfalla azzurra, si trova ad attraversare uno specchio e a trovarsi di nuovo nel Sottomondo.
Rivede gli amici lasciati nella vecchia avventura: PincoPanco; PancoPinco; la regina Bianca Mirana (Anne Hathaway); lo Stregatto.. e soprattutto il Cappellaio Matto (Johnny Depp).
Sarà lui la causa del viaggio di Alice nel passato: il Cappellaio è convinto infatti che la sua famiglia sia viva, e chiede alla sua amica di poterla rivedere.
Alice dovrà quindi rubare la chronosfera al Tempo (Sacha Baron Cohen) ed evitare che la Regina Rossa (Helena Bonham Carter) metta a ferro e fuoco il villaggio.
Scoprirà, amaramente ma anche in modo maturo, che il passato non si può cambiare, ma da esso si può imparare.

Cast stellato dunque per l'ultimo lavoro di James Bobin, che sostituisce egregiamente Tim Burton.
Il film, sequel più maturo del "vecchio" Alice nel paese delle meraviglie, è adatto davvero a tutti: ogni spettatore trarrà un insegnamento, dal più giovane al più attempato.

La sceneggiatura di Linda Woolverton è davvero piacevole, merito sicuramente anche del soggetto da cui è tratta.
Peccato per alcune battute, che in italiano non hanno la stessa presa rispetto alla lingua originale (indicando il guanto di Tempo, si parla della "mano del tempo", che in inglese suonerà come "the hand of the Time", o come "the end of the Time": la fine del Tempo!).

Gli effetti speciali, curati da Craig Leong, Luke Marcel e Charlie Pedersen sono notevoli e probabilmente uno dei motivi per cui questo film non si dovrebbe perdere.
E' invece Colleen Atwood, collaboratrice storica del già citato Burton e di Rob Marshall a occuparsi dei costumi, anche questi magnifici.
E' poi impossibile non citare il lavoro dei truccatori, davvero sorprendente.

Menzione d'onore per Pino Insegno, che è sempre un piacere ascoltare al doppiaggio -in questo caso del Tempo-.

G.