lunedì 27 febbraio 2017

Fiore

Poche parole, molti sguardi. Questa è la materia prima di Fiore, film drammatico di Claudio Giovannesi che porta in scena gli ultimi in maniera delicata e piena di dignità.

In un carcere minorile Daphne (D. Scoccia) arrestata per spaccio diventa giorno dopo giorno donna, tra litigi, voglia di libertà, e soprattutto lettere clandestine a Josh (J. Algeri), che, trovandosi nell'ala maschile, non può avere altri tipi di contatto con lei.

La caratteristica di Claudio Giovannesi sta nel dare spazio a attori non professionisti (Daphne Scoccia viene scelta dal regista dopo essere stato a pranzo nel ristorante in cui fa la cameriera; Josciua Algeri è un ex detenuto, che svolge anche il ruolo di consulente esterno vista la sua esperienza), unendo però a questi dei nomi di punta, come Valerio Mastandrea che in questa pellicola interpreta Ascanio, padre di Daphne, appena uscito dal carcere pure lui.












Con le sue scelte tecniche Giovannesi crea quasi un genere nuovo, a metà tra film e docufilm. Non si capisce dove ci sia sceneggiatura e dove semplice occhio puntato sulla realtà dei fatti.

Non si parla molto in Fiore.
Si attende, piuttosto: c'è un forte senso di attesa che investe le persone e le cose e che lascia allo spettatore un'amara ma ancora incantata voglia di riscatto. Un disperato bisogno di amore permea tutto il film e ci fa sentire tutti parte di un unico grande movimento, che è la vita.

Una sorta di moderno "Fleurs du mal" che ci permette di trovare il bello anche nei posti dove non ti aspetteresti di trovarlo.

G.

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