giovedì 18 febbraio 2016

Perfetti sconosciuti














Per ora, il migliore di Genovese, di cui ho amato i lavori precedenti.
Apro in modo per nulla oggettivo la recensione di quello che è il film più bello visto dall'inizio dell'anno.

"Perfetti Sconosciuti", porta in scena, in maniera quasi teatrale, una cena tra amici di vecchia data, che si riuniscono a casa di una coppia.
Tra una portata e l'altra, la padrona di casa propone di fare un gioco: sms, telefonate, file...tutto quello che apparirà sullo schermo di un cellulare, sarà condiviso con gli altri. Tanto, a quanto sembra, nessuno ha scheletri nell'armadio.
E invece il passato, il presente e anche il futuro fanno capolino: gli equilibri all'interno delle coppie e all'interno dei nuclei familiari vacillano pesantemente.
Nessuno è realmente come appare, e non è tanto questo a sconvolgere quanto la reazione dei commensali di fronte al segreto svelato.

Genovese, veste alla perfezione i panni del regista, ma è anche autore del soggetto e coautore (con Filippo Bologna, Rolando Ravello, Paola Mammini e Paolo Costella) di una sceneggiatura che lascia senza fiato, ed è la vera protagonista.
Il film, benché corale (i protagonisti sono tra i migliori attori del cinema italiano: Edoardo Leo, Marco Giallini, Valerio Mastandrea, Kasia Smutniak, Anna Foglietta, Alba Rohrwacher e Giuseppe Battiston), fa in modo che tutti siano ben caratterizzati, consentendo allo spettatore l'impressione di far parte del gruppo da tempo, da anni, di conoscere bene ogni invitato, esattamente come ognuno seduto a tavola è convinto di conoscere i propri vicini.

C'è un'immedesimazione, da parte di chi è dall'altra parte dello schermo, variabile, a seconda del momento.
E diventa, pertanto, spesso difficile attribuire torti o ragioni.

Tutti gli attori, merito anche delle parti loro assegnate, sono perfetti: disarmante come spesso sia uno sguardo, un gesto a svelare molto più della comunicazione verbale.

Altra protagonista è la luna: la cena si svolge durante una eclissi, metafora della simulazione e dissimulazione che si sta svolgendo proprio all'interno della casa.

Tutto il film è ambientato in un interno, ma questo rende comunque il film dinamico, assolutamente privo di tempi morti; e consente comunque al regista di non lasciare fuori Roma, che non si vede, ma, all'occorrenza, si sente, arricchendo in questo modo la sceneggiatura stessa, colorando le battute e rendendo spesso i dialoghi più significativi.

Le musiche originali, di Maurizio Filardo, incorniciano questo piccolo gioiello, e la canzone che si sente sui titoli di coda, (dal titolo omonimo) di Fiorella Mannoia non fa altro che aggiungere valore al valore.

Si ride certamente, perché non mancano i momenti goliardici tipici di una cena tra amici; si riflette su quanto ci facciamo influenzare dagli altri e dall'immagine di noi che abbiamo costruito; dal ruolo che interpretiamo o che pensiamo di interpretare; ci si commuove di fronte alla forza con cui certi segreti vengono a galla. Un film disorientante, quasi inquietante, affascinante nel suo mescolare alla normalità del quotidiano, l'imprevisto e le sue conseguenze.

Fino alla fine, con un colpo di scena geniale, ulteriore conferma che mi riporta all'inizio di questo breve testo: per ora, il migliore di Genovese.
G.

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